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d’uno dei mille. 243

come rivi di sangue in mezzo al verde dei fichi d’India, pei canneti, nel letto secco dei torrenti, sulla riva del mare torrida e bianca. Medici, Cosenz, Fabrizi, profili austeri balenarono qua e là: non li conosco, ma ormai gli eroi so immaginarli, so come Garibaldi li fa. E vedrò passare, quasi fuga di forsennati in mezzo ai nostri, un gruppo di cavalli napoletani. Che vogliono, dove vanno? Intorno al Dittatore appiedato si fa un cerchio di quei cavalli, un arco di spade, di lance turbina su di lui, suona fino ai più lontani del campo un urlo di gioia, di ferocia borbonica; ah quello può essere il momento che salvi la corona a Sofia! Ma Missori e Statella sentono che nel gran poema questo sarà il loro canto: e dalla pistola girante del Lombardo gentile, dalla spada del Siracusano cavalleresco, esce la morte meravigliosa. Fuggite, o lancieri! Il vostro capitano vi condusse da Messina promettendo la testa del Leone, ma non lo vedrete più. Cadde dal