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216 notarelle

vamo già da un par d’ore. Le compagnie cantavano canzoni popolari lombarde e toscane; i siciliani gareggiavano con un loro canto d’aria che cercava il core.

La palombella bianca
Si mangia la racina.

Ma a tratti quella melodia scoppiava in versi di odio al Borbone, di spregio alla regina Sofia, donna.

Alla testa della colonna i Genovesi cantavano l’inno alato di Mameli. A un tratto ruppero il canto, e lo cessavano tutti man mano che arrivavano a un certo punto della via. Quando, v’arrivai anch’io capii. Da quell’apparita si vedeva laggiù, laggiù, nero sterminato, crescente all’occhio e alla fantasia, l’Etna, che coll’ombra sua si protendeva su mezza l’isola e sul mare.