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d’uno dei mille. 187

Due giovinetti gli stanno in camera senza lasciarlo mai, tutti lui negli occhi brillanti di lagrime, rattenute appena mentre egli m’aveva chiesto se ero stato ai funerali. Quando egli partì esule nel quarantanove, quei suoi figlioli doveano essere bambini affatto. Vennero da Messina coll’agonia di abbracciarlo, di trionfare con lui vincitore, e lo trovarono inchiodato da quella maledetta palla bavarese.

Per le stanze va lenta, mesta, una signora che deve aver molto sofferto. E quando s’incontra con gli occhi negli occhi del Colonnello, pare che la pigli il singhiozzo, stenta a non farsi scorgere. In verità egli è molto giù della vita. Oh che storie, che lutti, che vedovanze del core!

Venni via afflitto. E per contrasto trovai che correva su quel frullino del figliolo di Ragusa, sempre nelle nostre gambe vispo, felice. Suo padre, che conduce l’albergo da gran signore, ne’ giorni del bombardamento tenne