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d’uno dei mille. | 11 |
4 Maggio. In ferrovia.
Non so per che guasti il treno s’è fermato. Siamo vicini a Montebello. Che gaie colline e che esultanza di ville sui dossi verdi! Ho cercato coll’occhio per tutta la campagna. È appena passato un anno, e non un segno di quel che avvenne qui. Il sole tramonta laggiù. In fondo ai solchi lunghi, un contadino parla ai suoi bovi. Essi aggiogati all’aratro tirano avanti con lui. Forse egli vide e sa dove fu il forte della battaglia. Ho negli occhi la visione di cavalli, di cavalieri, di lance, di sciabole cavate fuori da trecento guaine a uno squillo di tromba; tutto come narrava quel povero caporale dei cavalleggieri di Novara, tornato dal campo due giorni dopo il fatto. Affollato da tutta la caserma, colla sciabola sul braccio, col mantello arrotolato a tracolla, coi panni che gli erano sciupati addosso, lo veggo ancora pian-