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ATTO SECONDO


scena prima.

Recinto d’antico castello come nell’atto primo.

Don Giovanni, con un mandolino in mano e Leporello.

Gio. Eh via, buffon, non mi seccar.

Lep.   No, no, padrone, non vo’ restar.
Gio.   Sentimi, amico...
Lep.   Vo’ andar, vi dico...
Gio.   Ah, che ti ho fatto - che vuoi lasciarmi?
Lep.   Oh, niente affatto! - quasi ammazzarmi.
Gio.   Va che sei matto, - fu per burlar.
Lep.   Ed io non burlo, - ma voglio andar.
Gio. Leporello.
Lep.   Signore.
Gio. Vien qui, facciamo pace. Prendi...
Lep.   Cosa?
Gio. Quattro doppie. (gli da del denaro)
Lep.   Oh! sentite:
Per questa volta ancora
La cerimonia accetto;
Ma non vi ci avvezzate; non credete
Di sedurre i miei pari, (Prendendo la borsa)
Come le donne, a forza di danari.
Gio. Non parliam più di ciò. Ti basta l’animo
Di far quel ch’io ti dico?
Lep. Purché lasciam le donne,
Gio. Lasciar le donne? Sai ch’elle per me
Son necessarie più del pan che mangio,
Più dell’aria che spiro?
Lep.   E avete core
D’ingannarle poi tutte?
Gio.   È tutto amore.
Chi a una sola è fedele,
Verso l’altre è crudele.
Io che in me sento.
Sì esteso sentimento,
Vo’ bene a tutte quante.
Le donne poi, che calcolar non sanno,
il mio buon naturai chiaman inganno.
Lep. Non ho veduto mai
Naturale più vasto e più benigno.
Orsù, cosa vorreste?
Gio. Odi. Vedi tu la cameriera
Di donn’Elvira?
Lep.   Io no
Gio.   Non hai veduto
Qualche cosa di bello,