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cittá principali d’America (siccome nell’altre parti del mondo) prodotti, lavori e mercatanzie di ogni sorte. Quasi in ogni cittá si trovano i vini e l’uva della Sicilia, l’olio, l’ulive e le sete di Firenze, il marmo di Carrara, le catenelle d’oro di Venezia, il cacio di Parma, i cappelli di paglia di Livorno, le corde di Roma e di Padova, i rosoli di Trieste, la salsiccia di Bologna e fino i maccheroni di Napoli e le figurettine di Lucca. E per vergogna del nostro paese non v’è in tutta l’America un magazzino di libri tenuto da un italiano. Tutti i libri che si truovano in questa cittá, oltre i volumi introdottivi da me, o v’erano stati portati accidentalmente da viaggiatori, o alla morte di qualche abitatore straniero s’eran venduti all’incanto con altri libri. In tale scarsezza tanto d’opere elementari che classiche, in qual guisa poteva io sperare d’insegnar al paese la mia favella, e di trarre d’inganno gli americani, che, imbeccati degli oracoli di Boileau, di La Harpe, di Bouhours, di Johnson, di Chesterfield e di quegli altri nostri teneri amici di Germania, d’Inghilterra e di Francia, o contavano sulle dita i nostri scrittori, o credean positivamente che tutta la letteratura italiana consistesse in qualche novella galante o in qualche leggiadra poesia? V’era, per dir vero, al mio ritorno a New-York, un magazzino di libri francesi e spagnoli, a’ quali il libraio alcuni italiani n’aveva aggiunti; ma, o perché era il solo venditore nella cittá, o perché doveva trarli dalla Francia, i suoi prezzi erano si stravaganti a quell’epoca, che lo studente, atterrito dalla spesa eccessiva, ne abbandonava sovente lo studio. Mi venne dunque pensato di cercar un riparo a cotal ostacolo, e, senza temporeggiare, scrissi a vari editori e librai di Genova, di Venezia, di Firenze, di Livorno e di alcune altre cittá d’Italia, e, informandoli del mio buon successo, del mio disegno e delle mie future speranze, gl’invitai a somministrarmi i libri che m’occorrevano, con solenne promessa di esattissimo pagamento. La somma della prima mia ordinazione non ascendeva che a cento piastre: nulladimeno (piangendo scrivo, e tu piangendo leggi), nel bel paese lá dove il si suona,