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invenzione, in parte a cattive reminiscenze. Dalle sue lettere al Casanova del 9 e 17 novembre 1793 si desume infatti: 1) che il 30 ottobre perveniva al D. P. una lettera, non della cognata, ma del Taylor, il quale, senza anticipargli un soldo (giacché nel teatro di Haymarket i pagamenti venivan fatti a quartali posticipati), gli offriva il tanto desiderato posto di poeta con centoventi ghinee l’anno e il ricavato dalla vendita dei libretti ; 2) che in pari tempo un amico brussellese gli prestava, per pagare la ricordata cambiale all’ebreo, ventiquattro luigi, per la restituzione dei quali il D. P. tirava tratta sul conte di Waldstein, che non si sa se la soddisfacesse; 3) che il 17 novembre 1793 il D. P. era ancora all’Aia, donde annunziava di voler partire per Londra due giorni dopo. Secondo soggiorno a Londra (I, 193-208). — Verso la fine del 1793 il D. P. era, dunque, di ritorno a Londra e, tanto per ben cominciare, commetteva, spinte o sponte , il piú grave dei suoi furti letterari. Nel febbraio 1794, infatti, il cartellone dell’Haymarket-theatre annunziava per il 1» marzo una strepitosa rappresentazione del Don Giovanili (con un capriccio drammatico del Cimarosa, intermezzi di balli e perfino una grande processione finale in costume spagnuolo antico), la cui musica si diceva composta dal Gazzaniga, dal Sarti, dal Federici e dal Guglielmi, e le cui parole tare new (sic!) by L. D. P. poet of this thealre» (Farinelli, 1. c., pp. 273-4). Naturalmente, tranne qualche ritocco e qualche interpolazione, si trattava semplicemente del Don Giovanni del Bertati e del Gazzaniga, il quale, dopo due sole rappresentazioni, cadde miseramente: sola circostanza che di codesta faccenda il D. P. ricordi nelle Memorie (I» I93)- — Circa la venuta del Martin a Londra (I, 193), è da notare che giá nel maggio o giugno 1793 il Kelly, allora direttore del teatro dell’Haymarket, aveva commesso al D. P. di invitare il Martin a comporre e mettere in iscena a Londra due nuove opere (lettere al Casanova del 13 ottobre e del 9 novembre 1793, in Molmenti, I, 299,307): non è esatto quindi che codesto incarico venisse dato al D. P. dal Taylor (I, 193), della cui nomina a impresario egli era stato informato in Olanda, dopo avere giá scritto al musicista spagnuolo (citate lettere al Casanova). Che anzi proprio il D. P., ritornato a Londra, insistette fino alla noia per la chiamata del Martin, superando, egli dice, per riuscire nell’intento, le piú aspre difficoltá: «gelosie di maestri, etichette di rivali, cabale di donne, ignoranza di direttori, pregiudizi nazionali e infinite altre maledizioni, che sogliono nascer sempre a quelli che propongono delle cose buone, ma contrarie agl’interessi particolari de’ furfanti in carica» (lettera al Casanova del 25 agosto 1795, in Molmenti, I, 314). E fu forse in quella circostanza che il D. P. venne in rotta con Vincenzo Federici (1764-1826 o 27), che egli in tutta questa terza parte delle Memorie dipinge come un volgare farabutto, ma che era invece un compositore non privo di merito, venuto, verso il 1790, dalla natia Livorno a Londra, ove restò fino al 1803, scrivendo parecchie opere su libretti del