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ú grossolane, scritte, per giunta, in versi, la cui bruttezza è almeno pari alla nauseante indecenza del contenuto (cfr., per qualche saggio, Molmenti, I, 281, 285-6, 289). — Ma purtroppo al D. P. venivano a mancare sempre piú i viveri, e, peggio ancora, la Nancy, cui egli si era, o diceva di essersi, sinceramente, duraturamente e onestamente affezionato («Tutto si, ma corna no» scriveva piú tardi al Casanova), sarebbe tra breve diventata madre. Il Casanova, sempre fertile in consigli, lo esortava a dare provvisoriamente lezioni di italiano; ma il D. P., che teneva alla propria «rispettabilitá» (!), protestava di non volersi avvilire esercitando una professione, che a Londra, a dir suo, era monopolio di una «razza peggior dei lazzaron idi Napoli», e cioè di «camerieri, calzolai, banditi, sbirri», ecc., che si contentavano di comunicare il loro sapere per uno scellino, per diciotto soldi e magari per una tazza di birra. Assai meglio — egli diceva — avrebbe fatto il Casanova, se gli avesse anticipato di sua borsa o gli avesse negoziato col conte di Waldstein (che nel frattempo era tornato a Dux) un prestito di dugento fiorini. Ma da codesto orecchio eran poi il Casanova e il conte che non volevano o non potevan sentire. Sicché al D. P. non restò altro ripiego che far tesoro di un altro consiglio casanoviano ; e, lasciata la Nancy a Londra, partiva per Bruxelles, ove giunse verso il io luglio 1793.

Dimora in Belgio e in Olanda (I, 187-93). — Appena giunto a Bruxelles, il D. P., secondo gli accordi presi a Londra con la canterina Storace e qualche altro attore, lanciava un manifesto (inviato anche al Casanova) per una stagione teatrale mediante sottoscrizione. Protetto, egli afferma, dalle famiglie Aremberg, Mettermeli, Ligne e Rohan, riusci a ottenere centoquaranta firme per un impegno complessivo di oltre novecento luigi ; ma l’affare andò poi a rotoli per l’inadempienza della Storace, la quale, invece di raggiungere colá il D. P., avrebbe cavate fuori pretese impossibili prima di muoversi da Londra (lettere al Casanova del 18 luglio e 29 agosto 1793, in Molmenti, I, 291-3), o fors’anche (eh’è piú probabile) avrebbe dato ai sogni dell’immaginoso librettista il valore che meritavano. A consolare alquanto il D. P., giunsero a Bruxelles la Nancy e la borsetta dei venticinque zecchini (I, 188), restituita da un tal Mardegani (l’«amico di Praga»), mercé i buoni uffici del Casanova (Molmenti, I, 289, 291, 293) ; il quale, mosso a compassione dell’amico, si era anche indotto a farglisi finalmente garante presso una madama VValckis per dugento fiorini. Sventura volle che la donna morisse prima di avere sborsato il danaro; onde il D. P. si trovò senza un soldo e, eh’è peggio, con dieci luigi di debito con un oste di Bruxelles, il quale, dopo di avergli fatto credito per un mese, minacciava di farlo porre in prigione (citata lettera del 29 agosto 1793). — Pensò allora di tentare altrove la fortuna e parti per l’Olanda. Il 29 agosto era a Rotterdam ; il 30, all’Aia, ove si presentava allo statolder (Guglielmo V d’Orange-Nassau), che gli avrebbe promesso di aiutarlo nel disegno di condurre in quella cittá e ad Amsterdam una compagnia