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a Halle, nel 1833, e a Bordeaux, nel 1884, e tradotta testé, Milano, 1911, in italiano da Salvatore di Giacomo) ; del qual volume, oggi rarissimo, sembra che il Casanova avesse donato al D. P. un esemplare. — Nel racconto della mistificazione giuocata dal Casanova alla marchesa d’Urfé, la versione dapontiana (I, 179-83) differisce non poco da quella data dal C. nei Mémoires, secondo i quali, per tacere di altre circostanze, la fuga di Gaetano Costa sarebbe stata anteriore alla presentazione della Corticelli (la «vaga cortigianella» del D. P.) in casa della d’Urfé, e l’incontro tra padrone e servitore sarebbe avvenuto, nel 1784, non giá a Vienna, ma a Venezia, e quindi senza la presenza del D. P. (cfr. Mémoires , V, 302, 363, 372, 391 sgg.).— L’ Ariti-Amelot (I, 181) è la Confutazione della Storia veneta di Amelot de la Houssaye, abbozzata dal Cas. «au crayon», e senza sussidio di libri, nei quarantadue giorni del 1768 in cui fu prigioniero nella torre di Barcellona (Mém ., VII, 513), e pubblicata poi a Lugano, con la falsa data di Amsterdam, nel 1769. — Se poi il C. e il D. P., subito dopo essersi conosciuti a Venezia, nel 1777, presso Bernardo Memmo e lo Zaguri, rompessero le loro relazioni veramente per una questione generica di metrica latina (I, 181) o non piuttosto (come verrebbe voglia di sospettare) per una questione specifica sulle poesie del D. P., che il C., come si vedrá in séguito, non valle mai lodare; è cosa che si lascia all’arbitrio del prudente lettore. Il loro incontro a Vienna (I, 182-3) nella strada ove il D. P. aveva scelta la sua abitazione, e cioè in quel Graben che era allora la passeggiata favorita delle «filles qui cherchent leur fortune» (Caton M. a Casanova, 12 aprile 1786, in Rava, p. 235), dovè avvenire o dalla metá del gennaio a quella del maggio 1783, periodo del primo soggiorno del C. a Vienna, seguito al suo ultimo e definitivo esilio da Venezia (Rava, p. 146), oppure dopo la metá del febbraio 1784, inizio di una piú lunga dimora viennese dell’avventuriero (Rava, p. 147); e, in ogni caso, prima del 12 marzo 1785, giorno in cui lo Zaguri includeva in una sua lettera al C. una appunto pel D. P. (Molmenti, Leti. d. Zag., p. 19). — Errato che il C. restasse a Vienna «diversi anni» (I, 182), perché egli partiva di giá alla fine del luglio 1785 per Berlino, e, ai principi del settembre di quell’anno, si ritirava definitivamente a Dux (Rava, p. 148). Malignitá, poi, del D. P. che né egli né gli altri sapessero con quali mezzi il C. vivesse durante quel tempo a Vienna (I, 182; II, 69): tutti sapevano, e il D. P., come veneto, meglio degli altri, che l’avventuriero era allora segretario o scrivano dell’ambasciatore veneto Sebastiano Foscarini (Rava, p. 147). Fu soltanto dopo la morte del Foscarini (23 aprile 1785) che il C., restato sul lastrico, ricominciò a viver di espedienti (Rava, 1. c.); ed è probabilissimo che si rivolgesse allora al D. P. per un prestito di qualche centinaio di fiorini (I, 177). Ma che il D. P. glieli desse, com’egli afferma (ivi), e che anzi gli aprisse «casa e borsa» (I, 182), è cosa che io non m’indurrò mai a credere, sia perché il D. P. nella sua vita non fu mai in condizione di elargir danaro in prestiti, ma sempre