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(cfr. Bernardi, p. 19 n; Marchesan, p. ni), sarebbe la seguente: «La nostra opera, il Don Giovanni, fu rappresentata ier sera dinanzi ad una brillantissima udienza. V’intervennero le principesse di Toscana colla splendida loro comitiva. Fu accolta con tali segni di aggradimento, che non avremmo potuto desiderare di piú. Guardassoni [l’impresario] venne questa mattina nella mia camera, gridando, nell’entusiasmo dell’allegria: — Viva Mozart! viva Da Ponte! finché questi vivranno, gl’impresari non devono temer di miserie. — Addio, mio carissimo, preparate un’altra opera pel vostro amico Mozart». Ma a me pare che essa senta di apocrifia da un miglio. — Né poi è esatto che il dovere allestire a Vienna 1 ’Assur costringesse il D. P. a lasciare in tutta fretta Praga, prima ancora che andasse in iscena il Don Giovanni (e quindi prima del 29 ottobre 1787), e che, due giorni dopo il suo fulmineo arrivo a Vienna (e cioè tra la fine dell’ottobre o i principi del novembre di quell’anno), 1 ’Assur venisse rappresentato (I, 133-4). E invero, anche a codesto proposito, l’edizione originale del libretto stampato dal ricordato Kurzbeck (poi ristampato a Brunswick da Giovanni Cristiano Meyer, nel 1794) e la partitura (cfr. Marchesan, p. 495; Mantuani, X, 65, n. 17832) fanno fede come Axur, re di Ormus, dramma tragico-comico in cinque alti, venne rappresentato per la prima volta a Vienna in occasione del matrimonio del futuro imperatore Francesco con Elisabetta di Wiirtemberg (morta poi di parto il 19 febb. 1790), vale a dire l’8 gennaio 1788 (Eitner, Vili, 396). Piuttosto è da credere che, nell’ottobre 1787, mentre il D. P. era a Praga, il Salieri tornasse a Vienna da Parigi, ove appunto 1*8 giugno di quell’anno aveva assistito alla rappresentazione del suo Tarare (Fi’ítis, Vili, 23; Eitner, 1 . c.); e, desiderando ridare quest’opera a Vienna con nuovo libretto, facesse richiamare il D. P., perché glielo scrivesse. — Il fratello consanguineo del D. P., che troviamo tutto a un tratto convivere con lui a Vienna nel 1787 (I, 132), e che da un altro passo (I, 182) pare si trovasse colá fin da quando il D. P. vi rivide il Casanova (fra il 1783 e il 1785), era Paolo, che lo segui poi, nel 1791-2, a Trieste (I, 215). — Verissimo che Giuseppe li vedesse assai di buon occhio la celebre Celeste Coltellini (1764-1822), fatta scritturare da lui con diecimila ducati nel 1785, e poi ritornata, nel 1787, per la seconda volta a Vienna, ove restò fino alla morte del suo imperiale protettore, cantando anche (1787), insieme con Stefano Mandini (I, 108), in una delle tante repliche viennesi di Cosa rara (P. Scudo, C. Colt, et Paisiello , in Revue des deux mondes, XIV, i° giugno 1832, pp. 983-5). Invenzione del geloso D. P. sembra invece che a intrighi di lei fosse dovuto il licenziamento della compagnia italiana (I, 135), al quale accenna anche il Casanova in una sua lettera al conte Antonio Ottaviano di Collabo del 2 marzo 1789 (Moi.menti, Carteggi casanoviani, I, 32). Almeno il D. P. stesso, parlando di siffatto licenziamento con Antonio Michelini (lettera del i«ottobre 1788, in Bernardi, p. 225), non assegna a esso altra causa che la guerra col Turco. — Nel 1788 (cosa taciuta dal D. P. nelle