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Beaumarchais e la riduzione dapontiana, Marchesan, pp. 218-29. — L’epistola «Gentil Casti, ho stabilito», di cui nelle Memorie (I, 120) vien dato soltanto il primo verso, fu scritta nel «terz’anno» da che il D. P. faceva il poeta teatrale (quindi nel 1786) e pubblicata nei Saggi poetici (1788), donde la riprodusse il Bernardi (pp. 379-81).—Il Casti parti da Vienna (I, 122, 124) tra il maggio e il giugno 1786: il 15 luglio di queir l’anno, infatti, non era giá piú a Venezia, ove s’era fermato qualche giorno, e s’incamminava alla volta di Napoli (Zaguri a Casanova, 15 luglio 1786, in Molmenti, Leti. d. Zag., p. 23); nella quale cittá, e non a Costantinopoli, come afferma il D. P. (II, 171), accompagnò il giovane conte di Friess, figlio del famoso e ricchissimo banchiere Giovanni (Emanuele Greppi, Nuovi docc. sul regno di Ferdinando IV di Napoli, tratti da una corrispondenza privata , in Arch. s/or. i/al., serie IV, to. IV, 1879, pp. 198-202; Croce, Una raccoltina d’autografi , Trani, Vecchi, 1891, PP- 37 - 9 ; e cfr. nella biblioteca della Soc. nap. di storia patria la rarissima Gazzetta civica napoletana del 1° febbraio 1787). Fu soltanto qualche tempo dopo l’immatura morte del Friess, e precisamente il 30 giugno 1788, che il Casti s’imbarcò a Venezia, insieme col bailo Niccolò Foscarini e lo Zaguri, per Costantinopoli, donde tornò a Venezia Pii marzo 1789 (Casti, Viaggio a Costantinopoli, nella citata ediz. delle Opere, II, passim ; Zaguri a Casanova, iS nov. 1788-8 ott. 1790, in Molmenti, Leti. d. Zag., pp. 36-44). Verissimo che l’imperatore lo congedasse, nel 1786, da Vienna, per la causa e nel modo raccontati dal D. P. (I, 121-2), giacché la notizia vien data da quasi tutti i biografi del Casti, anche da quelli anteriori alla pubblicazione delle Memorie del D. P., e che quindi non poterono attingervi, come fu fatto in séguito, e talora con non troppa critica (cfr. p. e. la notizia premessa all’ediz. pisana del 1822 delle Opp. drammatiche). Meno probabile, invece, che fosse proprio Giuseppe II colui che comunicasse al D. P. il famosissimo sonetto pariniano (I, 122-3); il quale, dall’esplicita allusione in esso contenuta al Poema tartaro , che nel 1786 era ancora inedito e non fu pubblicato se non dopo il 1790, parrebbe essere stato scritto posteriormente alla morte di Giuseppe II. — Il libretto allestito dal D. P. pel maestro Storace (I, 124) è, certamente, quello de Gli equivoci, rappresentati a Vienna nel 1786 (Eitner, IX, 302); ma lo cavò egli, come afferma, direttamente dal teatro shakespeariano (e cioè dalla Comedy of errors), o non piuttosto da qualche precedente riduzione per musica, portatagli dall’Inghilterra dallo Storace ?—Cosa rara, il capolavoro del Martin, di cui si serba a Vienna la partitura (Mantuani, X, 61, n. 17794), è anche del 1786. In essa, come del resto ne Le nozze di Figaro, cantò Michele Kelly (I, 127), pel quale il Mozart aveva scritta la parte di don Basilio (Fétis, V, 318). La luna della Siei ra, per altro, da cui il libretto fu tratto, non è del Calderon (I, 124), ma di Luigi Velez de Guevara (cfr. A. Farinelli in Giorn. stor. d. lett. Hai., XXVII, 269; Marchesan, p. xxvi). — Il demogorgone ossia il filosofo confuso