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Pag. 155, riga 6: «a chi che sia, se voleva rimaner a Vienna». —Oh birbante! birbantissimo! Ma io lo farò bastonare, e questo per certa bricconata che ha fatto a me particolarmente. Ei crede che io non sapia del suo frate... delle sue • fabbriche... delle sue furberie!... — (L’imperatore Leopoldo sapeva impiegar bene le belle donne).

Pag. 167, riga 17. Produsse questa lettera in Leopoldo l’effetto stesso che produssero infiniti memoriali di miserabili oppressi, di poveri indigenti, di vedove e di pupilli, che ricorrevano a lui per soccorso. Quelli che non lacerava, senza nemmen degnarli d’un guardo, diventavano soggetto di beffe e di scherno nelle conversazioni serali della famiglia. Voleva Leopoldo instillare ne’ propri figliuoli le massime e i sentimenti della sua politica, e formar dei ministri di crudeltá, che tormentassero i miseri al par di lui, dopo la sua morte. La natura lo deluse doppiamente. Noi lasciò vivere sul trono che un anno solo e piantò indelebilmente ne’ suoi figli i germi di quelle virtú che furono sempre il retaggio di tutti gli altri eroi della casa d’Austria. Nulla ebbe forza di corromperli. Giusti, umani, clementi, onorano la memoria del non mai abbastanza pianto Giuseppe e forman l’oggetto della tenerezza e delle adorazioni de’ popoli, alla cui vera felicitá nei piú pericolosi momenti la divina provvidenza li scelse. Ma dalle spine ancor nascon le rose.

Questa confessione onorata e sincera della mia penna verso i figliuoli d’un uomo, che si diverti un anno intiero delle mie angosce, deve abbastanza convincere tutto il mondo che non astio o spirito di vendetta, ma la sola necessitá di porre in salvo la mia riputazione, resa equivoca da mille apparenze, in’obbliga allo scoprimento di molti fatti, dal conoscimento de’ quali nasce la chiarezza e l’esatta decisione della mia causa.