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fiorirono e fioriscono tuttavia nell’Italia de’ cui mirabili geni par veramente che possa dirsi e, appena muore l’uno, e l’altro nasce, «uno avulso, uascitur alter». E, s’io non temessi che a me il tempo mancasse, e a voi la pazienza, con qual patria gioia non ricorderei gli alti nomi di tutti quelli che arricchirono quasi a’ tempi nostri di nuovi splendori le lettere della mia patria! Ma, giacché piú facilmente potrei ad una ad una noverar le stelle e in brev’urna raccór Tacque del mare, di quello che darvi, nel breve spazio del tempo in cui m’è lecito intrattenervi, un’idea adequata della nostra moderna letteratura, non vi nominerò se non un Gravina, un Sigonio, un Muratori, un Zeno, un Zucconi, un Gori, un Lanzi, un Mai, un Mehus, un Visconti, un Micali, nella critica, nella erudizione, nell’antichitá eminentissimi; un Burlamacchio, un Filangieri, un Vico, un Genovesi, un Zanotti, un Azuni, un Pagano, un Galiani, un Beccaria, un Romagnosi, uno Spedalieri ed un Gioia, o ancora viventi o morti da poco tempo, celebri nella giurisprudenza, nella scienza della legislazione, nella estetica, nel dritto delle genti, nella politica; non vi nominerò se non un Morgagni, un Cocchi, un Pasta, un Galvani, un Cirillo, un Mascagni, un Rasori, un Berlinghieri, un Tomasini e uno Scarpa nella medicina, nella chirurgia, nella notomia, nella chimica; due Riccati, un’Agnesi, un Cagnoli, un Toaldo, un Brunacci, un Cardinali, un Lagrangia (che altri vorrebbe usurparvi), incomparabili nelle matematiche; un Vallisnieri, un Frisi, un Venturoli ed un Mari nell’idraulica; siccome un Crescimbeni, un Quadrio, un Zaccaria, un Mazzuchelli, un Tiraboschi, un Ugoni, un Maffei nelle storie letterarie delle nazioni. E, se questa continuazione di luce non bastasse all’Italia per ottenere la palma nel nobile aringo del sapere, qual altro popolo, griderei, può vantare cinquanta volumi di politici economisti elei primo ordine, cominciando dal Boterò, che ne fu l’inventore