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studiato, veramente, diversi anni ; ma, avendo viaggiato per tre anni continui, l’ho quasi dimenticato. — In tre soli anni? — soggiunsi. — Cosi credo, signor Da Ponte. — Veder allora gli feci certi versi latini, da me composti il giorno ch’entrai nell’anno ottantunesimo della vita, e cinquanta in punto da che lasciati aveva i collegi. Dopo averli letti e riletti per indenderli bene (il che non senza l’aiuto mio potè fare), ecco quel ch’ei mi disse: — Signore, per dirvi la veritá, s’io non vi conoscessi per uomo di veritá, la cosa mi parrebbe impossibile. — Cesseranno le meraviglie— soggiunsi, — quando vi dirò il metodo nostro generalmente nello studio di questa lingua. Sappiate, prima di tutto, pochissimi esser quelli che son destinati alla mercatura, che si curino del latino. I medici, gli avvocati e quelli che intendono dedicarsi a quest’arte nobile, ma particolarmente i ministri dell’altare, tutti, senza eccezione alcuna, lo studiano. E, perché piú non vi meravigliate, non ho se non a dirvi come lo studiano. Dopo esser passati dalla grammatica inferiore alla superiore (e v’ hanno nel collegio due ottimi professori per queste), passano gli studenti alla scuola dell’umanitá; e, a misura de’ progressi, chi in due, chi in piú anni, alla retorica, ove per altri due anni si studia il latino. Tanto gli studenti d’umanitá ciie quelli di retorica sono obbligati in certe ore del giorno di non parlar che la lingua di Cesare, di Sallustio e di Cicerone; e v’è una grossa e pesante catena di ferro che attaccasi al collo di quello che o commette un errore o parla in altra favella, e la porta finché un altro delinquente si trovi. Tre sere per settimana i piú esperti contengono in una stanza, e criticano e difendono a vicenda i poeti classici, cui per tale esercizio vertunt in succum et sanguinem , e gli hanno, per dir cosí, sulla punta delle dita, come le quotidiane orazioni. I piú svegliati tra questi hanno la libertá di studiare la lingua greca o l’ebraica dopo il terz’anno; ma, quanto alla lingua nativa, e specialmente a’ nostri poeti, nel collegio ove io fui educato si studiavano pochissimo nelle scuole, e chi allo studio di quelli sentivasi inclinato, obbligato era di farlo in privato e celarsi alla vigilanza de’ direttori, quanto poteva. Il dottor Modolini,