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apparenza dicevami clic non avrei potuto per alcun modo sceglierne una, senza rendere l’altra infelice. Io era in questo stato, mentre Mazzola venne da me. La mia agitazione era tale, eli’ io non l’udii entrare che dopo qualche minuto. Mi trovò dunque desolato, piangendo e gridando replicatamente: — O Rosina! o Camilletta! O Camilletta! o Rosina! che sará di voi, poverine? che sará di me? — Qual fu la mia pena quando ni’accorsi che Mazzolá era nella stanza! Mi copersi la faccia, perché non vedesse né la mia confusione né il mio rossore; ma egli proruppe in uno scroscio di riso, che, nel tempo stesso in cui mi empieva di rabbia, mi recava in me stesso. Egli era di giá informato di quella mia doppia passione, che qualche volta lo facea ridere e qualche volta strabiliare di maraviglia. Gli narrai allora tutta la faccenda, ed egli altro non faceva che ridere c gridar: — Tanto meglio, tanto meglio! — Quando mi vide alquanto calmato: — Eccovi — mi disse — una lettera di vostro padre, che s’acchiuse per suo ordine in una mia, perché vi capiti piú sicura. — Era sigillata con cera negra: questo giá bastava per dirmi tutto. Mazzolá, che sapeva di che trattava, pensò darmela in quell’istante, per distrarmi con una trista novella da una situazione che gli sembrava molto piú trista.

Il rimedio fu forse opportuno. Con mano tremante apersi quel foglio, e trovai che portava la dolorosissima nuova della morte del mio amato Girolamo. Sebbene sapessi ch’egli era ammalato assai gravemente e che i medici disperavano affatto di sua guarigione, il mio dolore fu nulladimcno eccessivo. Quell’adorabile giovine, tra l’altre sue ottime qualitá, aveva quella di dar al nostro vecchio e quasi impossente padre, che aveva una famiglia numerosissima, la maggior parte de’ suoi emolumenti, ch’erano assai ragguardevoli. La sua morte doveva dunque esser fatalissima al rimanente della famiglia, incapace per sé di guadagnarsi il pane e molto piú di prestar al padre alcuna assistenza. Questo pensiero accrebbe a dismisura la doglia mia: era questa tanto intensa, tanto eccessiva, che mi toglieva perfino il consolante sfogo del pianto. Tacqui per piú d’un ’ora, quantunque l’amico facesse tutti gli sforzi per farmi parlare. Allora,