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di mio padre, almeno per qualche tempo, mi trasportò malgrado mio dai collegi alla lattoria. M’accorsi in quattro anni d’esser entrato in un mare pericolosissimo. Mi lasciai condurre dalla facilitá d’un core buono e compassionevole a prestare, dare a credenza, donare a tutti quelli che abusar vollero della mia inesperienza; ed alla fine del quinto anno la facoltá lasciatami da mio padre bastò appena a pagare i debiti contratti da me per una imprudente condotta. Pagai tutti quanti; ma concepii fin d’allora una insuperabile avversione per ogni maniera di negozio e, se non affatto per gli uomini, almeno pel commercio di quelli, da nessuno ile’ quali trovai ne’ bisogni miei il conforto della pietá, non clie quello della gratitudine 0>. Abbandonai allora secretamente Livorno: andai a Bologna, e due mesi dopo a Venezia. Pochi giorni dopo l’arrivo mio, fui assalito da una lenta febbre, che, divorandomi a poco a poco, mi ridusse infine agli estremi. Senza roba, senza amici, senza danaro, mi vidi costretto d’andar domandando limosina per sostener una vita, che non credeva giá che potesse durar lungamente. Non lui disgraziato in questo mesticro. Per tre o quattro mesi continui io tornava a casa ogni sera con diciotto o venti lire in tasca, il che era due e tre volte piú di quello che mi occorreva per vivere. Ebbi, ad onta di questo, diverse volte in pensiero di lasciare questo genere di vita, che non mi pareva convenire ad animo ingenuo; ma il timor di ricadere in novelli mali pei difetti medesimi del mio core, e piú l’incertezza dello stato a cui dovessi appigliarmi, mi vi tenne per quarantasette anni continui, nel lungo corso de’ quali ricuperai non solo la mia salute, ma dalla sobrietá, dalle vigilie e dal moto fui fatto fortissimo. Arrivato all’etá di cinquanta anni, crebber talmente l’elemosine de’ miei benclattoii, clic mi trovai padione di diecimila ducati, senza contarne altri ottomila, che spesi nel mio frugale mantenimento, in una non dispregiabile collezione di libri ed in limosine da me fatte, per mane del direttore della mia coscienza, a molli che avean piú bisogno di me di soccorso. (1) Ecco il mio quadro!