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venne da me, e non passarono venti minuti che una processione di gente vi capitò. La piú gran parte di questa consisteva in uomini giá maturi, che impiegati erano in cariche, professioni od uffizi importanti in quella cittá e che stati erano miei discepoli in quel rispettabile seminario. Lo loro etá poco differente dalla mia, il loro grado e i molti anni giá scorsi dopo quell’epoca non li trattennero dal venire da me con trasporto di giubilo e dall’onorarmi col titolo glorioso di «nostro caro maestro». Seppi da uno di loro che Bernardo Memmo era in quella cittá. Corsi sul fatto da lui, e la vista di queireccellente, dotto e nobilissimo personaggio non fu l’ultimo piacere da me provato in Treviso ed in tutto quel viaggio telice. Era con lui la Teresa. Vedova, brutta, grassa e invecchiata, era tuttavia l’idolo di quell’uomo e la signora assoluta della sua volontá! Io era sui punto di tornar a Ceneda, quando mi risovvenni ch’uno de’ primi oggetti del mio viaggio in Italia era Taylor. Udendo dunque che v’eran due prime donne di molto merito che cantavano a Venezia, ho presa sul fatto la risoluzione d’andarvi, e mandai a Ceneda con Paolo e la Faustina la mia consorte. Arrivato a Venezia nel tempo in cui ivi erano come dominatori i tedeschi, mi toccò vuotare due calici amari al core d’un buon cittadino. Il primo riguardava la misera patria mia, il secondo me stesso. Io aveva udito dir molte cose dello stato compassionevole in cui si trovava quella cittá; ma tutto quello che udii era un gioco allato a quello che vidi in una notte e in un giorno. Volli vedere la piazza di San Marco, che non aveva veduta per piú di vent’anni. V’entrai dalla parte dell’Orologio, dove alla sboccatura si vede tutta quella gran piazza, nel momento stesso in cui vi si entra, del tutto, e non prima. Giudichi il mio lettore della sorpresa e cordoglio mio, quando in quel vasto recinto, ove non solea vedersi a’ felici tempi che il contento e la gioia dell’immenso concorso del vasto popolo, non vidi, per volger gli occhi per ogni verso, che mestizia, silenzio, solitudine e desolazione. Non v’eran che sette persone, quando entrai in piazza. — Quommodo sedet sola civilas, piena populo! — fúr le sole parole ch’io potei proferire quel primo istante.