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mi rispose bizzarramente, in ottima prosa, e cominciò la sua lettera cosi: «Quando Cicerone scriveva agli amici, non parlava mai d’alcun affare!». Cominciai allora a dar il sacco al bauletto di vestiti e di biancheria; ma anche quello fu presto vuoto. Aveva preso una cameretta nella casa d’un buon tedesco, dove con parsimonia sforzata vivemmo piú d’una settimana ed ella ed io: la nostra colazione era pane, pane il nostro pranzo, e qualche volta nemmeno pane, ma lagrime la nostra cena.

Non era però la mia compagna che spargea queste lagrime! Ella soffriva tutto con una pazienza angelica; procurava di ridere e di scherzare; mi obbligava a giocar agli scacchi con lei, volea giocare di grosse somme, e quei, che perdeva, dovea pagare con carezze e con baci il suo vincitore. Questi artefizi della sua tenerezza, ch’avrebbero in altri tempi formata la felicitá della vita mia, non facevan che accrescere il mio cordoglio e la mia disperazione.

Una sera, dopo aver fatta la solita cena di scacchi, di baci e di lagrime, il tedesco, che m’affittava la camera, entrò quasi lagrimando e mi disse queste parole: — Caro signor Da Ponte, capisco che non avete colpa nelle vostre presenti disgrazie e vi credo un uomo da bene; ma questo non basta a dar la mangiare a’ miei figli. Voi non avete potuto pagarmi la pigione della prima settimana e molto meno potrete pagarmi quella della seconda, che cominciò oggi. Ci vorrá pazienza pel passato; ma per l’avvenire la mia povertá non mi permetterebbe d’averne.

Vi piaccia dunque trovarvi un altro alloggio, e che Dio benedica ed assista e voi e me. — Parti cosi dicendo, e nel medesimo momento entrò un certo Cera, ch’era stato per molti giorni il nostro amico consolatore, ma che, poverissimo essendo, in altro modo non potea farlo che con parole. Mi domandò come andavan le cose, ed io gli narrai la storia di quel momento. — Fate coraggio — soggiunse egli con gran trasporto: — io ho fatto un bel sogno, e spero bene. — Ricordandomi del sogno da me fatto con Casanova, lo pregai di narrarmi che cosa sognasse; ed ecco quel ch’ei mi disse.

— Mi pareva di vedere voi e questa amabile donna in una