Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/177

vedrassi a suo loco. Presi congedo da’ miei buoni amici di Vienna e tornai a Trieste. Come avea risoluto di partir subito per andare a Parigi, cosi colsi quell’occasione per dar una lezioncella poetica al mio buon amico Colletti, la cui stomachevole falsitá e adulazione raddoppiavan in me la collera ed il disprezzo. Egli aveva giusto a que’ giorni infettata la cittá di poesie, tutte del medesimo calibro. Scrissi anch’io una canzone burlesca, la diedi a un amico, da leggerla agli amici suoi; ma egli invece la pubblicò colle stampe. Voglio ripeter il primo verso di quella al mio lettore: sappia il Colletti ch’io son l’autore della canzonetta Mio caro Colletti, non far piú sonetti.

So che tutti i signori triestini ne risero, e so che il signor Colletti non ne rise. Ma nemmen io non risi a Dresda, la prima sera che v’arrivai!

Io stavo sul momento di lasciare quella cittá, quando mi capitò una lettera di Casti, nella quale, tra l’altre cose di cui parlavami, mi dava delle novelle dell’opera di Bertatti. Ecco le sue parole:

Iersera si rappi esentò per la prima volta II matrimonio secreto. La musica è meravigliosamente bella, ma le parole riuscirono assai ai di sotto deiiaspettazione, e tutti ne sono scontenti, particolarmente i cantanti. Tutti dicono: — Il Da Ponte non lascerá impunito questo arrogante. — Vi mando il libretto, perché veggiate e impariate a fare de’ bei versi !

Ecco la mia risposta : Signore, la ringrazio del libretto da lei mandatomi, ma non seguo il consiglio. Ella ha buon’unghia da cavare la castagna dal foco. I versi di Bertatti son quello che dovevano essere.

Vienna se li goda. E, quanto a’cantanti, la prego di dir loro: «victrix provincia, plora.»