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l’integritá e le buone disposizioni a mio favore: egli era, oltre a ciò, potentissimo pel suo uffizio, come quello ch’era direttore della polizia. Il Casti volle accompagnarmivi, e divenne mio difensore, mio apologista e mio encomiatore zelantissimo. Seppe riscaldare per si fatto modo l’animo del conte, che mi promise d’ottenermi dal nuovo regnante un’udienza privata, o almeno di fare si che condiscendesse senza riserva a tutte le mie dimande ; e cosi fu. Francesco, che non potea, per la morte del padre, dar udienza ad alcuno, mandommi pel conte Saur cento sovrane, un’ampia permissione di restare in Vienna a mio ben placito e di pubblicare sui fogli di tutti gli Stati austriaci la mia riconosciuta innocenza. Quali rimanessero i miei nemici a questo colpo, non è necessario dirlo. Restai tre settimane in quella cittá. Piú di cento italiani vennero a visitarmi, ma io ne ho ricevuti pochissimi. Nelle facce di questi io ben potea vedere la costernazione, la invidia, il dispetto e sopra tutto una divorante curiositá di sapere come fosse accaduta tal metamorfosi. 10 mi divertia mirabilmente alle loro spalle. A chi diceva una cosa, a chi l’altra, e a nessuno la veritá.

Il nuovo poeta del teatro era sovra tutti ansiosissimo di sapere s’io intendea partir da Vienna o rifermarmivi. Io conosceva le sue opere, ma non lui. Egli n’aveva scritto un numero infinito, e, a forza di scriverne, aveva imparato un poco l’arte di produr l’effetto teatrale. Ma, per sua disgrazia, non era nato poeta e non sapeva l’italiano. Per conseguenza i’opere sue si potevano piuttosto soffrir sulla scena che leggerle. Mi saltò il capriccio in testa di conoscerlo. Andai da lui baldanzosamente. Quand’arrivai alia sua abitazione, egli stava parlando con un de’ cantanti alla porta della sua stanza. Me gli affacciai : mi domandò il mio nome, gli dissi ch’io aveva avuto l’onore d’essere stato il suo antecessore e che il mio nome era Da Ponte.

Parve colpito da un fulmine. Mi domandò in un’aria molto imbarazzata e confusa in che cosa potea servirmi, ma sempre fermandosi sulla porta. Quando gli dissi ch’avea qualche cosa da comunicargli, trovossi obbligato di farmi entrar nella stanza, 11 che fece però con qualche renitenza. Mi offri una sedia nel