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— In Russia, in Inghilterra od in Francia farete vendetta dei nemici e ritroverete prestissimo dei magazzini di onore. — Io poteva capir facilmente donde nasceva l’ostinatezza di tal consiglio: non giudicai si debole il mio buon Casti. Ebbe egli stesso la caritá d’illuminarmi. — Sappiate — mi disse un giorno — ch’io era poeta titolato di Leopoldo come arciduca di Toscana; che, avendolo veduto in Italia, gli dissi che, come egli avanzato era di posto, cosi sperava con fondamento d’avanzare anch’io; ch’ei mi rispose essere giustissima la mia domanda, e che per conseguenza dovrei creder d’esser poeta cesareo appena arrivato in Vienna. — Mi fece poi l’onore di farmi leggere quattro «tragedie buffe» per musica, che aveva destinato di regalare a Leopoldo pel suo teatro. Non ebbi d’uopo d’ulteriori avvisi. — Casti — dissi allora fra me medesimo — non mi vuole a Vienna. — Non ardiva giá credere ch’egli mi ergesse all’onor di rivale. Io sapeva bene qual sublime opinione aveva il signor Casti del proprio merito, per non lasciarsi cadere tal debolezza nel capo; ma, in qualunque modo, pensava ch’ei non volesse ostacoli né grandi né piccioli alle sue mire, alle sue speranze, ch’egli pur credeva frustrate da me in altri tempi.

Che dunque risolvere? L’imperadore taceva : per quanto mi scrivesser gli amici, io trovava sempre deluse le mie lusinghe. La mancanza di mezzi onde vivere aumentava di giorno in giorno. A questo aggiungevasi il privato interesse d’un Casti, la cui eloquenza e politica potente e finissima io conosceva per prova, e m’era giá in altri tempi, benché viveva Giuseppe, tornata incomoda. Dopo molli riflessi, sospiri e maledizioni, risolsi d’abbracciar il consiglio del gran poeta. Il primo paese che mi venne allora nel capo fu Parigi. Io aveva una lettera di Giuseppe per la regina di Francia ( f ), che credeva dover bastare per farmi trovar un impiego analogo a’ miei studi. Scrissi perciò a Casti, e lo pregai di dire o di far dire all’imperatore che, vedendo cangiate le circostanze, mi ristringeva a chiedere qualche (i) MI die’ questa lettera quando congedò la truppa italiana, con queste parole:

— Antonietta ama molto La cosa rara scritta da voi. —