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ch’egli amava ed idolatrava, fece chiamar Casti nella sua loggia al teatro dell’opera e gli regalò seicento zecchini, dicendogli:

— Questi serviranno per le spese del vostro viaggio. — Ecco una maniera assai graziosa per dar il congedo ad alcuno! Casti comprese il gergo e parti pochi giorni dopo da Vienna. La sua partenza quasi improvvisa accrebbe di molto il mio coraggio e il mio spirito, e distrusse tutti gli ostacoli ch’ei metteva alla mia pace e alla mia drammatica riputazione, e come uomo celebre per proprio merito, e come protetto da’ piú potenti, e come generalmente amato e desiderato in Vienna, al cui innalzamento credevasi ch’io solo fossi d’inciampo. S’ingannavano però tutti: la vera ragione per cui Giuseppe non volle mai dargli il posto ed il titolo del Metastasio, poeta si castigato, si puro, dicasi pur coraggiosamente, si santo e nei costumi e ne’ scritti suoi, furono le sue Novelle galanti , il suo amore sfacciato pel gioco, per le donne, per le dissolutezze e, forse piú che per altra cosa, pel suo carattere satirico, vendicativo e immemore de’ benefici. — Avete letto — mi disse un giorno Giuseppe — il sonetto che scrisse contro il vostro buon amico Casti il famoso Parini ? — No, sire, — risposi io. — Eccovelo. — Trasse un foglietto da un taccuino, mel diede sorridendo e: — Come so — soggiunse egli — che vi piacerá, vi consiglio di trarne copia. — Il sonetto si trova nel terzo volume dell’ Opere di Parini dell’edizione di Milano. Lo pubblico qui, per provare che è tutto vero quello che dico :

Un prete brutto, vecchio e puzzolente, dal mal moderno tutto quanto guasto, e che, per bizzarria dell’accidente, dal nome del casato è detto casto; che scrive dei racconti, in cui si sente dell’infame Aretin tutto l’impasto, ed un poema sporco e impertinente contra la donna dell’impero vasto; che, sebbene senz’ugola è rimaso, attorno va, recitator molesto, oscenamente parlando col naso: