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Passai allora dalle sue spalle al suo volto, e in suono anch’io di strozza disugolata e nasale gli ripetei questo verso del Berni: Gigante non fu mai di maggior taglia.

Guardommi, arrossi, ma ebbe la onestá di dire: — Per Dio, ha ragione! — Signor abate — gli dissi io allora, — chi non può criticar in un dramma che qualche parola, ne fa un grandissimo elogio. Io non ho mai criticato i gallicismi del Teodoro d).— Non gli diedi tempo di rispondermi, e me ne andai. Quel cantante rise, e il signor abate rimase mutolo per piú di dieci minuti. Cosi mi disse poi quel cantante, Stefano Mandini.

Si vede da questo che non tutto quello che luce è oro. E Casti, cui nessun può negare un infinito merito come poeta, non era per veritá né dotto né erudito. Egli aveva un dizionario enciclopedico, su cui studiava le cose che non sapea, quando occorrevagli farne uso. Nell’opera di Trofonio , parlando de’ dialoghi di Platone scrisse questo verso : Plato nel suo Fedon, nel suo Timone.

Fortunatamente per lui, io, che fui il primo a leggere il suo dramma e che dovea attender alla stampa, m’accorsi subito dell’errore, e vi posi «Timeo». Quando io gli diedi la pruova dell’editore per l’ultima correzione, arrivato a quel verso, nel leggere «Timeo», fermossi un poco, e mi chiese chi aveva cangiato «Timone» in «Timeo». — Io — risposi — signor abate. — Corse subito al suo dizionario, trovò il suo errore, si diede un terribile colpo di mano alla fronte, arrossi, mi ringraziò, e volle a forza ch’io prendessi bidono quel suo dizionario, che conservai per piú di venticinque anni e da qualche mano rapace mi fu carpito.

Il successo di questo secondo tentativo, e piú ancora il deciso favore, mostratomi dall’imperadore, creò in me una nuova anima, raddoppiò le mie forze per le fatiche da me intraprese, (1) Per esempio: «la risorsa dell’esausta mia borsa», ovvero «vai la pena di far la crudel».