Pagina:D'annunzio - Elegie romane.djvu/26

16 elegìe romane.


irradiando un riso che tenue sgorga e diffuso
     10trepida per l’aureo fior de le membra tue?

Rompe così ne’ maggi da polle invisibili un’acqua
     12viva, balzante spirito, in un rosajo:

tremane tutta quanta la molle compage de’ fiori;
     14poi d’un fulgore liquido s’illumina.

Or ne l’oblio sommersa, Ippolita, vedi tu strane
     16plaghe, odi tu novelli carmi e novelli suoni?

Odi il divin tuo nome passare ne gli inni? Procedi,
     18splendida fra il duplice coro, a’ fastigi ultimi?

Quale favilla viva cui nutran le ceneri in grembo;
     20quale balen che dorma entro la nube grave;

quale adamante intatto che splenda con lume di stella
     22su la ricchezza oscura de le terrestri vene;