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capitolo vii. | 95 |
Aggiunse poi quanto si riprometteva dalle ricerche del suo nuovo amico il podestà, onde il Valentino, contento dell’avviamento che prendevano le cose sue, si tirò il cappuccio su gli occhi, e chiuso nel mantello uscì dall’osteria. Si fece condurre da un battello alla parte di dietro della rôcca, ove Consalvo, rimastone così d’accordo con D. Michele, avea mandato un uomo ad aspettarlo. Gli fu aperta una porticella, e su per una scaletta segreta e per certi bugigattoli giunse alla camera del capitano spagnuolo.
Non crediamo necessario di dar minuto ragguaglio di questa conferenza.
Espose in sostanza il Valentino con una mirabil chiarezza la somma delle cose d’Italia, le forze, le speranze, i timori de’ varj Stati. Fece intendere che avrebbe avuto caro accostarsi a Spagna, mostrando d’esservi tratto dal desiderio del bene che poteva venirne ai suoi popoli, ed a cessar le sciagure che incontrerebbero, ove gli Spagnuoli rimanessero vincitori. Riuscì con ischiettezza, che sapea finger benissimo, a dar di sè opinione migliore della sua fama. Offerse di far con Ispagna una lega ove entrasse il papa e si lasciasse luogo a’ Viniziani, ove vi si volessero accostare, colla quale s’impegnassero ad ajutarsi ne’ loro interessi scambievoli, e s’avesse a render palese soltanto quando gli Spagnuoli fosser divenuti padroni di due terzi del regno. Propose di far colle proprie forze l’impresa di Toscana, mostrando che in Italia i primi amici di Francia erano i Fiorentini, e molto gioverebbe l’abbattere un così potente alleato. Aggiunse che avrebbe stimato di gran profitto a questa lega il chiamarvi i Pisani, ajutandoli ristorarsi dei danni fatti loro soffrire dalla Repubblica di Firenze, della quale, ove fosser resi più forti, sarebber divenuti guardiani vigilantissimi.
Consalvo non aveva obbiezioni essenziali da fare a queste proposte, ed il sottile ingegno di Cesare Borgia