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capitolo iv. 63

teva mirarla e non restarne vinto: e fra quei signori la sua giovinezza, il costume e l’angeliche sembianze ogni dì più destavano maraviglia, nè si potevano saziare di magnificarla e lodarla da per tutto, a tale che la fama ne corse all’orecchio del Valentino. Molto si susurrava allora in Roma sul conto di costui. Il Duca di Candia suo fratello era stato morto per le strade la notte, ancora non faceva il mese, e non senza suo carico; ond’egli tosto, deposta la porpora, s’era buttato all’armi del tutto, e si dicevano di lui tante gran cose che non si sapea che pensare. Forte dubitai fin d’allora che la Ginevra fosse vagheggiata da costui: e pur troppo mi toccò udirne fra popoli molte sconce parole, ch’io non poteva raffrenare per rispetto di essa, e consumavo dentro la rabbia per non far atto che palesasse la condizion mia.

Intanto, sotto colore ora d’una, ora d’un’altra cosa, m’era pur venuto fatto d’andarle per casa ed affiatarmi con quel suo marito; e se il vederlo mi dava passione indicibile, soffrivo volentieri ed avrei sofferto ogni gran cosa purchè potessi a quando a quando veder lei, colla quale, dalla prima volta in fuori, non ebbi mai parole d’amore, e già sapevo che sarebbe stato un buttare il fiato, perocchè troppo bene la conoscevo.

Questo Grajano d’Asti era di que’ tali che ne vanno dieci per uscio, nè bello nè brutto, nè buono nè cattivo; assai buon soldato bensì, ma che avrebbe servito il Turco se meglio lo avesse pagato. Le sostanze di Ginevra lo facevano ricco assai bene: e tanto valutava lei quanto si valuta un podere, per la rendita e non per altro.

Passarono più settimane. La sera potevo veder la Ginevra, chè il marito non aveva nessun sospetto di me; e travagliato dalla sua ferita che molto penava a chiudersi nè sapendone molto in fatto d’amore aveva tutt’altri pensieri pel capo; così mi trovavo con lei più spesso di prima.