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capitolo iv. 47

motto Columna flecti nescio, la quale pure si vedeva dipinta sugli scudi, che coll’altr’arme disposte convenevolmente all’intorno occupavano quasi tutte le pareti. In fondo due cavalletti grossi di legno sostenevano l’intere armature de’ cavalli con loro selle e gualdrappe di bel velluto cremisi, fregiate dell’impresa di loro casato, e le ricche briglie tutte ornate di ricami d’oro, degne di tanti onorati signori.

Sei falconi incappellati e legati ad una catenella d’argento eran posati sopra una stanga in traverso ad una finestra, con un monte di attrezzi da caccia, della quale era frequente l’uso fra la nobiltà, e si teneva proprio spasso de’ signori e de’ gentiluomini.

Dopo alcuni momenti comparve sulla porta il sig. Prospero Colonna, al quale ognuno fece luogo e riverenza, ed egli venuto avanti e salutando con nobil contegno, s’adagiò sopra un seggiolone di cuojo rosso a bracciuoli, in capo ad una tavola che era nel mezzo, dove tenea lo scrittojo, ed accennò cortesemente a ciascuno di sedere.

Era vestito d’una cappa di sciamito nero rabescato, con una grossa catena d’oro al collo, dalla quale pendeva sul petto un medaglione dell’istesso metallo, lavorato sottilmente a cesello. Portava una daghetta in cintura d’acciajo nero martellato, ed in questo schietto vestire, la sua mirabil presenza, il volto d’una tinta pallida ed un po’ brunetta, con alta fronte che mostrava esser sede di fortezza e di senno non ordinarii, inspiravan quella riverenza che si tributa più alle doti dell’animo che ai favori della fortuna e della nascita. Aveva ciglia folte, barbetta alla spagnuola, ed un mover d’occhio tardo e risguardato, che lo dava a conoscere autorevole e potente signore.

L’occasione presente pareva ed era a lui di grandissima importanza, non solo perchè ne andava l’onore dell’armi italiane, ma perchè l’esito di questa fa-