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capitolo iii. | 41 |
Caddero i reali di Napoli. Parve allora a Fieramosca di seguir la parte di Spagna, per opporsi in qualche modo all’altra di troppo crescente potenza, e perchè l’orgoglio spagnuolo gli sembrava meno insoffribile della vana iattanza francese: poi un nemico che non poteva venire se non per mare, gli parea da tenersi in minor conto, e stimava quando colle sue armi fossero cacciati i Francesi, impresa meno malagevole stabilire un buono Stato in Italia.
Al chiarore che si diffondeva dall’oriente svanivano a poco a poco e si perdevano l’ultime stelle. Già il sole illuminava le più alte cime del Gargano tingendole d’un rosso che si mutava in pavonazzo ne’ seni ombrosi del monte, mentre il lido sottoposto, che girava a guisa di mezzaluna, congiungendosi al littorale ove è posta Barletta, mostrava col giorno crescente un ameno e diverso intreccio di valli e di colli che scendevano a bagnarsi nel mare. I folti castagneti che sulle vette già venivano indorati dal sole, diradandosi verso le falde eran interrotti ora da prati verdissimi, ora da qualche pezzo coltivato. Qua una frana lasciava biancheggiar il macigno, là il fianco d’un giogo si tigneva di colori gialli, rossicci, secondo la natura del suolo. Il mare ceruleo pareva immobile; se non che ribollendo sotto le rupi ne cingeva il piede con una striscia di spume candidissime.
Nella parte più interna del golfo sopra un’isoletta che era congiunta alla terra da un ponte lungo e stretto, sorgeva fra le palme e i cipressi un monastero con una chiesuola ed un campanile, munito all’intorno di torricelle e mura merlate, onde salvarlo da un primo assalto di corsari e di Saracini.
Ettore mostrava guardarlo con passione grandissima, aguzzando le ciglia, perocchè la nebbia, che a quell’ora copre le terre più basse, gli permetteva distinguere i contorni dell’edifizio. Coll’orecchio teso