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conclusione. 303

del cortile Vittoria Colonna, che dopo essersi trovata presente all’accoglienza fatta da Consalvo ai tredici guerrieri, ritornava nelle sue camere, ed era presso ad entrarvi: onde messosi a correre, e chiamandola a nome, la fece volgere e fermarsi. Vittoria, cui eran venute all’orecchio parte delle vicende di Fieramosca, indovinò che cosa fosse per domandarle.

— Oh Dio! che rispondergli? pensò fra sè: ma non ebbe tempo a riflettere, che già Ettore le stava vicino. Aveva l’armatura coperta di polvere, ed intaccata qua e là dai colpi ricevuti; sull’elmo una sola penna rotta, dell’altre non eran rimasti che i fusti, e la visiera alzata lasciava vedere il suo bel volto, affilato per la fatica, asperso di sudore, e pieno tutt’insieme d’allegrezza per la gloria ottenuta, e d’ansietà del desiderio di ritrovar quella che dopo la morte di Grajano poteva finalmente dir sua.

Siccome il cuor dell’uomo è inclinato a sperare o temere a seconda delle circostanze in cui si trova, lo scoramento, direi la disperazione che aveva provato la notte e la mattina prima della battaglia, pensando ai casi di Ginevra, ora colla scossa fisica e morale ricevuta dal lungo combattere, colla ineffabil gioia dell’aver vinto, s’era mutata in una confidente speranza di trovarla sana e salva.

— Madonna! disse col respiro frequente che vien prodotto dal batticuore: Dio vi rimuneri e vi benedica; so tutto.... che l’avete accolta, che le avete fatto tanto bene.... poverina.... e bisognava...! Conducetemi da lei, andiamo, per amor di Dio.

Ogni parola del giovane era una coltellata al cuore di Vittoria, e non le bastò l’animo di dargli la nuova dolorosa; anzi ebbe forza di comporre il volto ad un mezzo sorriso e gli disse:

— Ginevra è di nuovo a S. Orsola, (era vero pur troppo, che un’ora prima del ritorno degli Italiani