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mini d’arme si veniva alle spade, bastava scuotergli così un poco la briglia, e un’ombra di sperone; che volevate vedere! S’alzava sulle zampe, e poi volate e sparate avanti, chè a non volere uscir per gli orecchi, vi dico io, mi toccava a stringer le cosce: quando ricadeva venivo giù insieme col mio colpo di spada, che pareva la saetta di Dio, e in questa maniera più d’un Moro è andato a cena con Satanas. E la siesta! Dormivo fra le sue gambe all’ombra, povero Zamoreno de mi alma, che nemmeno ardiva cacciarsi le mosche, per non disturbarmi.

«All’assedio di Cartagena, dove pochi di voi si son potuti trovare, e dove cominciò a farsi conoscere il gran Capitano.... e vi dice Segredo che era un bel far la guerra allora: un po’ meglio d’adesso: sotto gli occhi del re don Fernando e della regina Isabella, che era una bellezza, e di tutta la corte, ben pagati e mantenuti noi e i cavalli, come in casa d’un principe.... ma per dir del mio cavallo, in una sortita dove el Rey Chico alla testa de’ suoi combatteva come un leone (ed era un uomo che m’arrivava al petto, ma aveva un braccio che dove toccava lasciava il segno) quel povero animale ebbe passato il collo fuor fuori da una zagaglia moresca, e la prima volta in vita sua cadde sulle ginocchia. Mi gettai a terra e vidi che non c’era rimedio. Pure speravo di ricondurlo al campo a mano, chè per tutto il mondo non avrei voluto abbandonarlo: mi seguitava che appena poteva reggersi; e non ho vergogna a dirlo, le lagrime calde calde mi scendevano per la gorgiera dell’elmo, e mi bagnavano il collo: io che non sapevo che cos’era piangere! In quella tornò addietro una furia di Mori stretta da molti uomini di arme, e quel re era obbligato a fuggire, e veniva mugghiando come un toro. Io, preso in mezzo da questi, solo, a piedi, mi vidi morto. Tenni lontano più d’uno girando la spada,