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286 | ettore fieramosca |
o disfavorire nessuna delle parti nè con fatti, nè con voci, nè con cenni; ritornato presso i giudici, il trombetta diede il primo squillo di tromba: diede il secondo.... si sarebbe sentito volar una mosca, diede il terzo, ed i cavalieri con moto simultaneo allentate le briglie, curvati i dorsi sul collo dei cavalli, e piantando speronate che li levavan di peso, si scagliarono a slanci prima, poi di carriera serrata rapidissima gli uni su gli altri, levando il grido, viva Italia! da una parte, e viva Francia! dall’altra, che s’udì fino al mare. Avean circa centocinquanta passi da correre per incontrarsi. S’alzò a poco a poco la polvere, crebbe, si fece più densa, gli avvolse prima che si fossero giunti, li coperse e nascose affatto come un nuvolo quando si dieder di cozzo, urtandosi i cavalli fronte contro fronte, e i cavalieri rompendo le lance sugli scudi e le corazze degli avversarj con quel fragore che produce una frana di massi che rovinando su un pendio senza ostacoli da prima, poi trova una selva nella quale si caccia, e fiacca, sradica, fracassa ciò che trova. Fu tolto così agli spettatori la vista del primo scontro, ed appena in quell’ammasso confuso e polveroso d’uomini e di cavalli potevan distinguere il balenar dell’armi percosse dal sole, e qualche brano di penne che la furia dei colpi aveva lacerate, volar avvolgendosi in quel turbine ed allontanarsene poi sollevato dal vento. Il frastuono rimbombò per le valli de’ contorni; Diego Garcia si percosse col pugno sulla coscia per la maraviglia e per la smania di non esser anch’esso là in mezzo, e questo fu il solo atto che si notasse fra gli spettatori attoniti ed immoti.
Rimase per alcuni secondi riunito quel gruppo di battaglia, ed un certo luccicar più sottile che qua e là balenava a traverso la polvere, mostrò che i cavalieri avean posto mano alle spade: s’udiva uno scrosciar di ferri, un martellar così a minuto come se in