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capitolo xviii. | 275 |
aprirlo: poscia distinse un rumore di passi che s’allontanava, e per alcuni minuti non udì altro: poco stante i medesimi passi che ritornavano con uno stropiccìo come di cosa trascinata sul pavimento; e lo strepito veniva innanzi finchè ricomparì l’istess’uomo tirando e lasciando in mezzo alla sagrestia una bara nera filettata d’argento, avente una croce alla testa, ed ai piedi un teschio retto da due ossa poste sotto a guisa di croce di S. Andrea; vi buttò sopra un copertone di velluto nero, dopo che con un panno n’ebbe scossa per tutto la polvere. Mentre il beccamorto compiva quest’ufficio con quel fare sbadato e di mal umore che pur troppo appare spesso negl’inservienti alle sagrestie, un’idea lieta trovò pure strada di fargli aggrinzar con un riso la pelle che gli copriva l’ossa delle guance.
— Dunque ci sarà da bere anche per me questa volta? È un gran pezzo che non v’è altro lavoro che di marinari e pescatori.... ringraziamo Dio che ogni tanto ne capita anche qualcuno di questi pe.... (si voltò a un tratto quasi temendo d’esser udito, ed abbassata la voce seguitò) di questi pezzi grossi.
— Una volta tocca a tutti, — disse il frate, tagliando la frase in due con uno sbadiglio.
— E può essere, seguitava il becchino, adattando la coperta sulla bara e scostandosi per vedere che non pendesse più da una parte che dall’altra, può essere che la Beca, quella strega di mia moglie, ci abbia azzeccato. Jer sera (sentite questa) eravamo in letto e si discorreva che si sta a spasso e non si lavora, e che la guarnaccia della donna e ’l sajo nuovo che mi potei fare coi danari che buscai nella moria, cascan a pezzi.... E vedete se è vero, (In così dire tirandosi le maniche sui gomiti mostrava la verità delle sue asserzioni). E in somma si diceva che, se tirava innanzi così un altro poco, saremmo morti di fame. Poi sta-