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252 | ettore fieramosca |
un ricovero onorevole, e soprattutto cercasse di farla cristiana. Dopo di che seguitava:
— Un’ultima carità poi vi domando, e certo me l’accorderete. Fatemi seppellire nella cappelletta sotterranea di S. Orsola, vestita dell’abito del monastero. Mi consola il pensare che dormirò in pace vicino all’immagine di quella Vergine che ha pur finalmente ascoltate le mie preghiere, e posto un termine alla mia miseria.
— Ebbene, disse Fra Mariano frenando a stento le lagrime, il vostro volere sarà eseguito in tutto.
Uscì ciò detto, e, fatta rientrare Vittoria Colonna, prese egli la parola per non lasciare che Ginevra, alla quale veniva mancando la lena, s’affaticasse col parlar troppo, e disse:
— Signora! vi prego di cercar di D. Elvira e far che venga qui; questa povera giovane vorrebbe dirle due parole.
Vittoria, che non s’aspettava a questo, rimase così un momento sospesa, pure s’avviò senza replicare, mentre Ginevra le diceva: — Mi perdoni se le do questo disagio, ma non è tempo da perdere.
Era presso alle quattro ore di notte, ed il ballo era finito da pochi momenti; le sale s’andavano vuotando; sfilavano giù per lo scalone gl’invitati accompagnati dai baroni dell’esercito spagnuolo.
Consalvo aveva in quel punto dato commiato al duca di Nemours ed ai suoi cavalieri, che, montati a cavallo, se ne ritornavano al campo preceduti da molte torce.
Nel cortile era un brulicare di gente a piedi ed a cavallo, un rumore, un gridare che rimbombava per tutto il castello. Le donne partendo salivano in groppa agli uomini di loro compagnia, come s’usava in quel secolo, e così, diminuendo sempre la folla e lo strepido, in poco tempo rimase affatto vuoto il corti-