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248 | ettore fieramosca |
tura stanca diede luogo a quel parosismo, che lasciò l’infelice sensibilmente più sfinita e mal ridotta di prima.
— Padre! seguitava Ginevra con voce indebolita, è possibile dunque che Dio, che la Vergine abbian ributtate le mie lagrime, maladetto il mio dolore? La vendetta di Dio è piombata sul mio capo come un fulmine, quando pareva mi promettesse pietà.... già è stato immenso il castigo dei miei peccati..... ma ne temo un altro più tremendo.... sento che morrò disperata d’ottener perdono.... sento che Dio mi indurisce il cuore in questi ultimi momenti.... sto per passare, e non posso nè scordar quell’uomo.... nè perdonar a colei.... Oh pregate per me! ajutatemi; fin che è tempo, parlatemi di speranza....
— Di speranza? interruppe il frate, non sapete che quegli che mi manda a voi, è quel Dio che comprò la vostra salute colla morte della croce, che vi promette misericordia, e ve la prometterebbe se foste carica de’ peccati di tutto il mondo, purchè non facciate ingiuria a tanto amore disperando del suo perdono? E che cosa vi domanda per meritarlo, e meritar quella corona di gloria e d’allegrezza che non avrà più fine? Vi domanda di amarlo come egli v’ha amata, di soffrire un poco per amor suo, com’egli ha sofferto, e tanto, per amor vostro, di perdonar a chi v’ha fatto ingiuria, com’esso perdonò gli strazii, le percosse, gli oltraggi e la morte. Eccolo in cielo che v’aspetta ed anela d’accogliervi fra le sue braccia, d’asciugar il vostro pianto, e volgerlo in una gioja che non avrà misura. Il nemico, che vi teneva per sua, non può sopportar che gli fuggiate di mano; egli tenta ogni via di riavervi; egli fa prova di togliervi la speranza, ma non gli verrà fatto. Io, ministro di Dio eterno, e s’alzò in piedi in atto solenne stendendo le mani sul capo di Ginevra, vi giuro pel suo santo no-