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capitolo xvii. 247


— La vita e la morte son nelle mani di Dio, rispose fra Mariano, e sarà quel ch’egli vorrà: fate dal canto vostro il potere, nè dubitate che vi manchi il suo ajuto.

E fatto il segno di croce, dopo le preci che si usano, disse alla donna: — Or dite su.

Per aprire affatto il suo cuore sin nel più interno, le fu mestieri raccontare dal principio la storia della sua vita, il malaugurato matrimonio, la morte supposta, l’errare che aveva fatto di terra in terra. Il suo dire era interrotto spesso dallo sfinimento, e in parte mal connesso, perchè mal le reggeva il cervello a sì penoso lavoro.

— Padre! disse alla fine Ginevra, sono stata è vero molt’anni vicina a chi non m’era marito, ma non ho avuta altra colpa fuorchè quella d’espormi al pericolo di mal fare; Iddio solo me n’ha liberata. Sono stata negligente nel cercar del mio sposo, e nel chiarirmi se veramente fosse morto.... alla fine poi l’ho trovato, ed allora subito risolsi di ritornar con lui.... e l’eseguii.... e coll’ajuto della Vergine sperai che mi riuscisse.... ma Dio! invece dove son caduta!...

E qui narrava a fra Mariano come approdando al piè della rôcca avesse veduto lo stretto colloquio d’Ettore e d’Elvira, per la qual cosa sopraffatta dal dolore era caduta nel fondo del suo battello e s’era risentita soltanto nella camera del Valentino; e spiegato questo crudel fatto sino alla fine, prorompeva in un pianto convulso e disperato ed in parole sconnesse che mostravan pur troppo la nascente alienazione della sua mente.

Commosso fin nel profondo del cuore, il buon frate prese con quella prudenza che richiedeva l’importanza del caso tutti i modi per ridurla in calma, e solo vi riuscì in parte dopo molto tempo, quando la na-