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22 | ettore fieramosca |
nimo semplice, leale e pieno d’onore. Avea già deposta l’armatura, ed era rimasto in giustacuore e brache di pelle strette alla carne, in guisa che ad ogni suo moto si vedevano i muscoli sorgere e guizzare come fossero scoperti: un mantello corto alla sua foggia spagnuola gettato su una spalla compiva tale schietto vestire.
— Signori baroni, — disse mettendo dentro con cavalleresca cortesia i prigionieri, — noi Spagnuoli diciamo1— Duelos con pan son menos. La fortuna oggi vi ha trattati male; domani forse toccherà a noi: intanto qui siamo amici: ceniamo, chè por Dios Santo, credo in questo saremo tutti d’accordo: più d’una lancia è andata in pezzi, e per oggi basta: non ci potranno rimproverar certamente di lasciar rodere le armature dalla ruggine. State di buon animo, e domani si ragionerà della taglia, e vedrete che don Garcia sa come si trattano cavalieri pari vostri.
Il contegno di La Motta a queste parole era quello di chi avendo la stizza non la vuol mostrare. Valoroso, buon soldato e molto fiero coll’arme in mano, nè d’aspetto inferiore all’esser suo, era però superbissimo quant’uomo del mondo, e non poteva patire d’aver a ricever cortesia da chi l’avea fatto prigione. Tuttavolta conoscendo quanta villania sarebbe stata il mostrarsi acerbo, rispose più lietamente che potè:
— Se la vostra mano è leggiera nel porre una taglia come nel calare un fendente, il re cristianissimo pagherà della sua borsa se ci vuol riavere, o vi terrò compagnia il resto de’ miei giorni.
— Inigo, — disse Paredes volgendosi ad un bel giovine di venticinque anni che, aspettando la cena, avea già posto mano al pane, — se vogliamo parlare di colpi di spada, domanderemo al tuo cavallo, che sa-
- ↑ I guai con pane sono soffribili.