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capitolo xvi. 225


Nè si voglia attribuire questo suo sbigottimento a timor panico: erano tanti i modi in quel secolo d’apprestar veleni, e persino di mandarli chiusi in lettere in forma che all’aprirle facessero immediatamente il loro effetto, che era perdonabile il duca se la vista d’un oggetto che non aspettava l’aveva colpito: e se v’era al mondo uomo che dovesse alla prima pensar al peggio, era esso sicuramente.

La lettera era scritta in una cifra della quale nessuno aveva la chiave fuorchè egli ed il papa; per la pratica fatta la lesse correntemente; e diceva così:

Alli giorni passati fummo a lungo coll’oratore del Cristianissimo, il quale ci volle stringere a fermare i patti della lega contro il re cattolico per ispogliarlo del reame, etiam, offrendoci maravigliosamente d’ajuti per far l’impresa di Siena e dello stato del Co. Gio. Giordano, alle quali cose noi non abbiamo voluto scendere se prima non sapevamo a’ quali termini steste col Magn. Consalvo. Noi non istimiamo che Francia, etiamsi nel momento presente paja assai gagliarda sull’armi, possa a lungo far testa all’esercito di Ferdinando, guidato da un tanto condottiere, e che può per mare agevolmente ingrossare e ristorarsi dei danni. Oltre che la gente franzese mal comporta una guerra gretta e prolungata, sarà dunque util consiglio mantenere attaccato il filo con ambedue, ed intanto s’accozzeranno queste genti e sortiranno qualche effetto, pel quale si potrà determinare un partito.

Jeri ci venne a trovare la madre del cardinale Orsino portandoci i duemila scudi, e richiedendoci di potergli mandare la vivanda in castello, come per lo passato, la qual cosa liberamente le abbiamo potuto concedere, havendo già provveduto al fatto del figlio e datogli la polvere per un mese di vita e non più.

A due ore di notte poi capitò la sig. Settimia, amica

Ettore. 15