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capitolo xv. | 217 |
date voi.... neppur so dirvi dove.... ma tornate a Barletta, cercate, liberate costei, trovatela in tutti i modi. Dio eterno, ch’io non possa far un passo per lei!..., e volle riprovare, ma non gli fu possibile, e di nuovo pregò più caldamente i compagni che lo lasciassero e corressero ad ajutar la donna; ed aggiunse tante istanze che coloro conoscendo non esser tempo da perder in consigliarsi, promettendogli di tornar presto con qualche nuova, lo lasciarono; e, messisi in mare con egual prestezza, si dirizzarono alla città.
Zoraide intanto tutta sollecita si dava da fare, per soccorrere il suo liberatore, con parole ed atti pieni di tenera amorevolezza, e slacciatogli l’elmo s’affannava a sfilargli il giaco di maglia: quando vi fu riuscita, nell’asciugargli la fronte e ’l collo dal sudor freddo che ne grondava, s’accorse della ferita che aveva toccata poco sotto il collarino della camicia.
— Ohimè! sei ferito! — gridò, e tosto con un panno tergendo il poco sangue che era uscito, e che, nascondendo la ferita, la facea parer maggiore, si racquetava vedendola così leggera, e diceva:
— Oh non è nulla! è una scalfittura; ma riguardando poi più attentamente col lume, vedeva intorno alla ferita formarsi come una rosa d’un rosso pavonazzo, ed osservando il viso di Fieramosca vi scorgeva negli occhi e sulle labbra nascere un certo livido, le mani e le orecchie color di bossolo, fredde ed irrigidite. Per esser nata e vissuta in levante, avendo pratica di trattar ferite d’ogni specie, tosto le nasceva il sospetto che il pugnale fosse avvelenato. Pregava il giovane a porsi sul letto, e reggendolo, non senza fatica, riusciva a farvelo salire; tastandogli il polso lo sentiva batter lento lento e come imprigionato.
Ma le pene del corpo eran nulla per Fieramosca a petto delle idee angosciose che a mano a mano gli s’andavano moltiplicando presentandosi alla sua mente sot-