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di non vederlo contento, poichè non conoscevan lo scambio), in pochi momenti si trovò nell’isola, e su per le scale in un lampo fu nella camera di Ginevra, trovò tutto aperto e tutto vuoto, e l’isola e il monastero in profonda quiete. Mentre usciva per cercar altrove qualche contezza, i suoi compagni giungevan nell’andito sorreggendo Zoraide che aveva ripreso gli spiriti e che alle premurose interrogazioni di Fieramosca non sapeva risponder altro se non che verso le tre ore era stata svegliata a un tratto da molti uomini, i quali, entrandole in camera, l’avean avvolta nel lenzuolo e portata con loro in una barca, e d’altro non si ricordava: che di Ginevra non sapeva nulla, non avendola veduta dalla metà dello scorso giorno, in cui essendosi accorta che stava sopra di sè, malinconica, aveva creduto bene di non darle noja, ed all’ora solita era andata a letto senza cercar di lei.

Tutta questa storia Ettore l’ascoltava in piedi, cogli occhi fitti in Zoraide, ed alla fine delle sue parole si veniva a mano a mano mutando in viso facendosi pallido ed infossando le gote; all’ultimo dovette sedere, e facendo forza per rialzarsi, le ginocchia gli mancavano. Uno di loro intanto era andato a picchiare alla porta del chiostro, e fatto risentir Gennaro, ritornava col lume. Brancaleone ed Inigo rimaser colpiti all’aspetto di Fieramosca cambiato in pochi momenti da metter spavento, e l’attribuirono alla fatica ed all’angoscia dell’animo. Tentò la seconda volta di rizzarsi, ma le forze l’aveano abbandonato interamente; e ricadendo col capo in dietro sulla sedia disse con voce alterata: Brancaleone! Inigo! io mi sento il maggior male ch’io avessi mai, e non sono da tanto che potessi alzar una penna, non che la spada: il tempo vola, e che cosa sarà di Ginevra? Potessi ritornar gagliardo un’ora!... e poi esser fatto in polvere.... Vi prego, carissimi compagni, non tardate un momento.... an-