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212 | ettore fieramosca |
conosciuto, s’accostò pianamente in punta di piedi a D. Elvira che non lo sentì finchè le fu vicino, e quando ella volse il capo per guardarlo, Fanfulla abbassando il suo con molta grazia e destrezza in atto di riverenza pose un ginocchio a terra, vicino a lei, e, presale la mano, v’impresse su le labbra, e seppe così ben fare che riuscì a celare il viso interamente, e la figlia di Consalvo non ebbe il più leggier dubbio ch’egli non fosse Fieramosca.
Fece per ritrarre a sè la mano, e ciò secondo l’usanza di tutti i tempi, le fu con perdonata violenza vietato: quantunque l’indole di D. Elvira fosse capricciosa, leggiera e fatta a suo modo, vogliamo però credere che il trovarsi in un colloquio così stretto con un giovane le facesse provare un certo rimorso, e tremasse anche in parte pel sospetto di non venir ivi trovata dal padre o più ancora dalla sua severa amica.
Un soffio di vento più forte tolse alla luna il velo che la copriva, e questa, essendo piena, rischiarò di un raggio limpidissimo tutto quel luogo, ed il fulgido vestire di Fanfulla e d’Elvira. Forse nessun de’ due se n’accorgeva, ma un grido acutissimo d'una voce femminile, che veniva dal piè della loggia alta poche braccia sul mare, li fece riscuotere, e, conoscendo che altre persone del ballo avendolo udito potevan uscir sulla loggia, sollecitamente tornarono per diverse parti nella sala, ove i pochi che avean posto mente a quel grido, distratti da altre idee, più non se ne curarono. Il primo era però stato seguito da un secondo più debole, e che morendo fra le fauci di quella che lo gettava, fu seguito dallo strepito sordo d’un corpo umano che cadde nel fondo d’un battello; ma la loggia era deserta; nell’interno tutti erano intenti alla festa, nessuno s’affacciò per vedere qual fosse la meschina che domandava soccorso.