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Capitolo XV.
Al pian terreno, nella sala maggiore, che tutte le antiche rocche avevan per ritrovo degli uomini d’arme, era stato eretto un teatro formato all’incirca come i moderni, salvo che in quel tempo il sipario in vece d’alzarlo, s’usava lasciarlo cadere nel luogo ove oggi si tiene l’orchestra. Da una città vicina del littorale era stata chiamata una compagnia di comici ambulanti che, dopo aver passato il carnevale in Venezia, veniva da città in città rappresentando drammi e commedie per ritrovarsi poi a Napoli per le feste di S. Gennaro, od a Palermo per S. Rosalia. Dovendo ora comparire innanzi ad un’adunanza così scelta, s’era preparata con ogni studio, onde lo spettacolo riuscisse gradito. Appena fatto notte, s’allogarono gli spettatori, e tosto fu dato ordine d’incominciare. Mandata giù una gran tela che serviva di sipario, apparve un palco, sul quale, da un lato si vedea un portico ricco di colonne e di statue, e che mostrava esser l’ingresso di una reggia, sulla cui porta era scritto a lettere d’oro: Terra di Babilonia, e sotto di esso seduto su un trono ed attorniato da’ suoi baroni un re collo scettro d’oro in mano, vestito alla foggia d’Oriente, con un gran turbante coperto di gemme, e sovr’esso la corona: nel mezzo una spiaggia di mare, e dall’altro lato sotto un’alpestre montagna, piena d’alberi e di rupi, era scavata una caverna, dalla quale un dragone usciva di tempo in tempo facendo vista di guardare una pelle d’ariete coi velli dorati molto rilucente, che stava appesa ad un albero vicino.
Accanto al re, su un trono minore, stava una don-