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capitolo xiv. 193


Nella sala d’ingresso che dava adito alle camere di Consalvo, lunga cento passi andanti, era stata disposta una gran tavola a ferro di cavallo che la girava tutta e poteva servire a circa trecento convitati: nel lato più lontano dalla porta, ed al sommo della parte convessa di questa tavola, erano quattro seggioloni di velluto e frange d’oro per il duca di Nemours, Consalvo, D. Elvira e Vittoria Colonna. Sul loro capo pendevano dalla parete i gonfaloni di Spagna, le bandiere della casa Colonna ed i pennoni dell’esercito tramezzati di trofei composti de’ più ricchi e lucenti arnesi con vaghissimi pennacchi sugli elmi, e tante gale e tante gioje ch’era un tesoro. Da certi buchi lasciati nella tavola, che era larga convenientemente, uscivano ad uguali distanze arbusti d’aranci, mirti, giovani palme, pieni tutti di frutti e fiori, ed un’acqua chiara e fresca condotta per tubi sottili, zampillando di sotto fra quelle frondi, ricadeva in vaschette d’argento, dove guizzavano pesci di cento colori; su pei rami di quegli arboscelli svolazzavano uccelletti, i quali, senza che apparisse, vi stavan legati con crini di cavallo, ed essendo cresciuti in gabbia e domestici, cantavano senza temere la vista o il romore di quella compagnia. Una credenza, grandissima, rimpetto al luogo destinato ai primi convitati, era carica di vasellame d’argento e di larghi piatti di lama battuta, lavorati a disegni arabeschi in rilievo, e nel mezzo, davanti a questa, un sedile piuttosto alto ove il maestro di sala colla sua bacchetta d’ebano dovea stare accennando ai camerieri ed ai famigli. Nello spazio poi in mezzo al ferro di cavallo erano in terra due grandi urne di bronzo piene d’acqua, ove occorresse lavare o sciacquare, quali si vedon dipinte da Paolo Veronese nelle sue cene, e dentro vasi in fresco e guastade di vini di Spagna e di Sicilia. Gli altri due lati della sala, all’altezza di dieci braccia da terra, avean logge

Ettore. 13