Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
16 | ettore fieramosca |
al narratore, il quale gli disse: — Pur beato che sei venuto una volta!
— E come si chiama questo demonio? — domandò Boscherino.
— Non saprei.... dicevano ch’è un gran barone franzese: un nome come la Crotte.... la.... Motta. Ora mi ricordo, sì, La Motta: un pezzo di bestione, se vedi, che fa tremar la terra. Basta, la cosa è finita bene, e sguazzeremo se Dio vuole. — Voltando poi l’occhio all’interno dell’osteria: — E che fai? — gridava, — traditore poltrone, che ancora non metti al fuoco; vuoi che ti misuri le spalle con questa zagaglia?
Ed entrava difatti per eseguir la minaccia, ma si fermò vedendo che un gran pajuolo era già stato messo sopra una bracciata di quercioli, e la fiamma andava prendendo, e s’innalzava crepitando, mentre l’oste sudato e rosso, senza pensar più nè alla carestia nè all’assedio, e sapendo che con Paredes ed i suoi compagni non era da scherzare, correva per casa per dar ordine al tutto. In un lampo ebbe trovato quanto gli faceva mestieri, e scotennando un agnello, parte ne mise a bollire, e parte ne infilzò in due lunghi spiedi che pose a girare sugli uncini de’ capi-fuochi. La faccenda prendeva buona piega.
— Or bene, — disse l’ordinator della cena, — buon per te Veleno. Se costoro giungevano, e non eri all’ordine, avresti provato quante libbre pesano le cinque dita di Diego Garcia. Vado, e te li mando qui di volo.
— Oh, Ramazzotto, non verrai tu con esso loro? — disse uno de’ caporali.
— Come potrei venire? La compagnia sta tuttora a cavallo. Mi conviene alloggiarla ed aver l’occhio al bottino, che è in piazza al castello; e di notte le mani lavorano, bene, sai; nè fra queste squadre manca chi le sappia adoperare. Fieramosca, Miale Brancaleone e tutti i nostri son costì all’erta, ed a noi è