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180 | ettore fieramosca |
già dagli araldi. La sua memoria lo servì anche troppo. Quando fu a conchiudere disse:
— Quello poi che ha finita la festa, ed ha scavalcato i tre Spagnuoli uno dopo l’altro, è stato il signor D. Grajano b’Asti.
— Chi chi? — disse Ginevra con un’alterazione di volto e di voce che non potè nascondere.
— Un certo signor D. Grajano d’Asti, dev’essere un gran barone: armato e vestito ch’era una ricchezza.
— Grajano d’Asti hai detto? Grande, piccolo, giovane.... com’era?
Gennaro che non aveva perduto un capello dell’armi, fisonomie ed aspetto di tutti i combattenti, ed aveva presente il volto di Grajano, che entrando in campo colla visiera alzata l’aveva benissimo lasciato vedere, potè descriverlo tanto a puntino che non rimase alla donna il minimo dubbio non fosse costui suo marito. Potè nondimeno esser presente a sè stessa abbastanza per celare in parte il tumulto che le sconvolgeva il cuore, e per conoscere quanto importasse il non essere scoperta. Nel tempo che Gennaro si studiava di darle ad intendere la forma e le fattezza del barone, ebbe agio a riprender gli spiriti, e veduto che i suoi due ascoltatori s’erano pure accorti che udendo pronunziare quel nome aveva fatto una fermata, per dissipare ogni sospetto disse, quando l’ortolano finì di parlare:
— Non v’avete a stupire ch’io mi sia turbata al nome di costui; passarono un tempo di strane vicende tra esso e la casa mia; furon poi fatti accordi, e da molti anni è tolta ogni occasione di scandalo: tutto pensavo però fuorchè di trovarlo ora a Barletta ed al soldo francese.
Dette le quali parole, si volse per andarsene alle sue camere; Zoraide e Gennaro si dovettero accorgere al color del volto che tratto tratto se le cangiava, che