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capitolo xiii. | 179 |
della mano destra appuntando l’indice della manca alla sua attaccatura), e poi su svelta come un grillo; e sapete che cosa vi dico, non le dovrebbe dispiacere vostro fratello, che quando è stata in sella gli ha detto certe paroline, e gli ha fatto un bocchino, che beato chi l’ha veduto: e lui, mi son accorto, s’è fatto rosso; Dio sa che cosa si son detto! e ho pensato fra me: sta attento che il signor Ettore s’avesse da fare sposo, sarebbe una gran bella coppia, ve lo dico io; pajon fatti l’uno per l’altro.
Pensi ognuno se questo racconto e queste riflessioni erano grate a Ginevra. Non potendole sopportare, e volendosi tor d’innanzi costui, disse brevemente:
— Sì, sì.... mi racconterai ciò un’altra volta, e si volgeva per andarsene con Zoraide alle sue stanze. Ma Gennaro che era sul bel dire non volle lasciarla, e proseguiva:
— Eh questo non è niente! Bisognava vedere poi alla giostra, nel palco dei signori; è stato sempre seduto vicino a lei, e non hanno fatto altro che discorrere; e poi, ecco qui, la signora Zoraide ve lo può dire, se tutti non ponevano mente a loro. Anzi c’era l’oste del Sole che provvede il vino in castello, e diceva che il padre è contento che la sposi: sarebbe un bell’affare sapete! quante belle migliaja di ducati! Altro che tribolarsi la vita sua a cavallo, alla pioggia e al vento!
Ginevra, per finir questi discorsi che troppo la pungevano, quantunque ne conoscesse la vanità, disse:
— Ma la giostra, insomma, la giostra?
— Oh la giostra! A Barletta non se la ricorda nessuno la simile.
E qui principiando dalla caccia de’ tori, e dalle prodezze di Diego Garcia, descriveva poi le battaglie all’azza ed alla lancia, ripetendo i nomi d’ognuno gridati