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capitolo xii. | 157 |
finalmente Diego Garcia, che era da que’ forestieri stato pregato desse saggio di sua destrezza in questo genere di combattimento. L’abilità del matador (ossia uccisore del toro) consiste in Ispagna nel saper cacciargli la spada nella giuntura delle vertebre del collo mentre abbassa il capo per levar sulle corna il suo avversario: in que’ tempi ove il maneggio d’armi pesanti cresceva alle braccia la forza, si soleva tener per miglior colpo lo staccar netto con un fendente il capo del toro, ed a chi accoppiava molta destrezza sovente riusciva.
Paredes entrato nell’arena col suo buon spadone a due mani che teneva sulla spalla sinistra, vestito in giustacuore di bufalo e colla testa scoperta, vide che il toro era già stato ferito e perdeva sangue. Accennò ai donzelli, e disse volerne uno fresco; perciò fu tirato il laccio a quello già combattuto e condotto fuori, ed aperto il rimessino n’uscì un altro maggiore, d’aspetto feroce, che dallo scuro venendo al sole, aizzato ed infierito cominciò a scorrere a slanci l’arena come è costume di questi animali, finchè, visto il suo antagonista, gli si fermò rimpetto; abbassando il capo, mugghiando, con un palmo di lingua fuor della bocca quasi volesse prender campo, s’arretrava, gettandosi l’arena col piè dinanzi sulla groppa e sul collo. La forza di Garcia era somma; sarebbe stato però fidarvisi troppo volerla metter con un toro che aveva la fronte armata di grandissime corna, ed un collo largo e nerboruto da non temer paragone; lo Spagnuolo vide che bisognava operar con cautela. Alzò a due mani lo spadone sulla spalla manca, col piè diritto battè due o tre volte il suolo, gridandogli ah! ah! Il toro abbassate le corna si getta sul suo nemico; questi ne era quasi giunto, allorchè lanciandosi da una parte gli cala sul collo la spada con tanta forza e fortuna, che il capo cade sull’arena, ed il corpo fa ancora uno o due passi prima di stramazzare.