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142 | ettore fieramosca |
mia morte e della tua rovina arderà con me sempre, se i preti dicono il vero. — Quella notte, a Roma, ch’io ti posi accanto di Tor Sanguigna perchè ammazzassi quel gentiluomo, e tu, pazzo, gridasti prima di dargli, e così ti presero e ti conciarono come tu sei.... Era Cesare Borgia!.... Quando costui studiava in Pisa (stavo in monastero), s’innamorò di me, io pazza birbona! di lui. Sapevo io chi era?... Una notte venne a me.... Aveva una mia figlioletta di sette anni.... si risentì... dormiva in una cameruccia vicina.... lo vide scavalcando per una finestra; si cacciò a gridare.... guai a lui se l’avessero scoperto.... era vescovo di Pamplona di fresco.... le gettò i cuscini sulla testa.... e su colle ginocchia.... Mostro! io caddi in terra.... Giurami per tutto l’inferno, per la morte mia, che l’ammazzerai; accenna col capo che lo giuri.... almeno questo....
L’assassino cogli occhi orribilmente spalancati sulla madre crollò il capo ed accennò che farebbe, ad essa levandosi dal collo una catena che aveva sotto la camicia, soggiunse:
— E quando gli avrai spaccato il cuore, digli: Guarda questa catena.... sbattigliela sugli occhi.... te la rende mia madre.... Non ho finito... Oh un momento ancora! poi non ti temo.... Quando mi riscossi mi trovai stesa sul lettuccio, e tu sei.... ho non posso dirlo.... accanto alla povera Ines. Oh com’eri bella!... ed ora sei in paradiso!.... Ed io! io! perchè ho d’andare all’inferno?... quest’ultime parole furono accompagnate da un urlo che fece tremar la vôlta. Era morta.
Pietraccio non si commosse gran fatto; con guardo stupido pose mente ai moti convulsi della madre. Quando la vide spirata, s’accovacciò nell’angolo più lontano, come fa una fiera, che chiusa in gabbia con un cadavere della sua specie, prova ribrezzo e lo sfugge.
Tutto quel racconto fatto ininterrottamente ed in una