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138 | ettore fieramosca |
sconce parole, e s’è partito giurando e bravando. Com’avresti fatto? Senza curare di pigliarla con uno schermidore a par suo, gli ho mandato un cancher alla lombarda, e gli ho detto: Se volete scender nel prato avanti la torre, vi farò una tacca alla vostra zucca tedesca per mostrarvi che quella del barilozzo è stata per isbaglio.
— E lui che cos’ha risposto?
— Che me gli levassi d’attorno, che l’avevo fradicio.
E finir queste parole, e voltolarsi sul letto ridendo, e mandando per aria ciò che v’era, fu tutta una cosa. Il fatto stava appunto in questi termini; ed il capitano non curandosi d’aver che fare con questo diavolo, dall’altra parte trafitto all’anima per la perdita del suo vino, era salito bestemmiando in tedesco su d’un palcaccio al secondo piano ove s’era nascosto D. Michele. Da quella sua fortezza udendo la relazione di Fanfulla alzava la voce tratto tratto per dirgli villania alla quale questi rispondeva con altrettanta in forma di parentesi pur seguitando il racconto.
Fieramosca che non aveva l’animo a questi scherzi, entrato di mezzo, non senza gran fatica li mise d’accordo. Martino scese, Fanfulla se ne andò ridendo, ed Ettore che anch’esso durava fatica a non ridere, vedendo il Tedesco che contemplava le due parti del suo barile coll’occhio d’un avaro che trovi lo scrigno aperto e vuoto, espose il desiderio di Ginevra d’entrare nella prigione, e con buone parole domandò gli venisse aperta.
Il Conestabile intanto avea rizzati i due pezzi del barilozzo, e con un panno che a modo di spugna andava inzuppando e poi spremendo con diligenza ne’ recipienti, procurava salvar le reliquie della sua sconfitta. Intesa la voglia di Ginevra, diceva brontolando:
— Ecco! gli assassini trovano chi li soccorre, e un povero uomo che se ne sta pe’ fatti suoi, e non