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capitolo x. | 137 |
che avea tolto da un rastrello, giocando con esso come fosse un bastoncino. Si schermiva, facea mulinelli, tirava stoccate, calava fendenti con tanta velocità che la spada si vedeva appena in aria coma una nebbia, e se avesse avuto a difendersi contra un esercito non avrebbe fatto altrimenti. Ettore, che era per entrare, si rattenne sul piè di dietro per non toccar qualche sfregio, e guardava sorridendo questa pazza giostra che l’altro seguitava non accorgendosi di essere veduto. I colpi che ora tirava all’aria, pareva per disgrazia del padrone di casa, che non fossero andati sempre a vuoto. Fosse sbaglio o malizia, uno di essi aveva terminato i lunghi servigi del mezzo barile che giaceva sotto il letto diviso in due parti come una noce, ed il liquido che conteneva s’andava livellando nella parte più bassa del pavimento.
— Il vin santo si svina tardi quest’anno, disse alla fine ridendo Fieramosca: e Fanfulla, voltatosi alla voce, lasciò cadersi ai piedi lo spadone, e si gettò rovescio sul letto con tante risa e tanto schiamazzo che pareva impazzato.
— Che diavolo hai fatto, pazzo da catena? Guardate! guardate! è mezz’ora che siam arrivati, ed ha fatto più danni che un terzo di Catalani in una settimana.... E Martino dov’è?
Fanfulla finalmente si racchetò e disse:
— Era qui poco fa: e’ diceva che lo spadone a due mani non lo sanno adoperare altri che gli Svizzeri e i Tedeschi; ed io gli ho risposto ch’ei diceva il vero, e l’ho pregato m’insegnasse un poco, e provandomi il meglio ch’io sapevo m’è venuta fatta un’intacca al barilozzo (impiccato sia se l’ho fatto apposta); ed egli si è crucciato da maledetto senno. Guarda che uomo bestiale!..... non vuol compatir niente! e lo sapeva pure che noi poveri Italiani non sappiamo tener la spada in mano! Insomma abbiam avute di