Pagina:D'Azeglio - Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta, 1856.djvu/14


capitolo i. 11


Nuno rispose con un certo garbuglio, al quale la sua mente non pareva avesse gran parte: l’avviso ricevuto lo metteva in pensiero suo malgrado; volse con dubbio l’occhio in giro per veder se l’idea di denunciare le sue poco misurate parole era nata in qualche cervello. Quest’indagine per fortuna fu, o gli parve rassicurante.

La piazza intanto era rimasta quasi deserta; l’ora di notte sonava al castello; onde questo gruppo imitò gli altri che già s’erano andati sciogliendo, e si disperse fra le strette ed oscure vie della città.

— Diego Garcia tornerà stasera, — diceva camminando Ruy Pèrez, — le buone lance del suo terzo avran trovato da far caccia in campagna, e forse avremo domani un pranzo migliore della cena d’oggi.

I pensieri suscitati da una tale speranza troncarono a tutti le parole, ed ognuno tornò in silenzio al proprio alloggiamento.

Nel tempo che si facevano questi discorsi, il legno che dapprima pareva passasse al suo viaggio, s’era piano piano venuto accostando. Pose in mare una barchetta nella quale scesero due uomini, che prestamente vogarono verso la spiaggia; ed appena scostati, il legno maggiore, spiegate tutte le vele, s’allontanò; nè più si rivide. Approdò il battello nella parte più oscura della piazza, ed i due rematori saltarono a terra.

Il primo di questi stranieri, visto che in quel luogo non v’era persona, si fermò ad aspettare il compagno, che rimaneva addietro occupato a caricarsi d’una valigia e di cert’altri impicci; fatta la qual cosa condusse la barca alla punta d’un picciol molo che serviva allo sbarco de’ legni maggiori, quindi raggiunse quello che, per quanto accennava la presenza ed una cert’aria d’arrogante superiorità, non sembrava di condizione eguale alla sua, e che gli disse come conclusione de’ discorsi fatti durante il tragitto: